Questo è l'incipit di "Confessions", pellicola di sangue asiatico, nominata all’Oscar per il miglior film straniero nel (lontano?) 2011 e che, con buone speranze e netto ritardo, a breve approderà anche nei nostri cinema. Quello di Tetsuya Nakashima è un racconto disturbante, intrigante senza dubbio, e a cui piace cambiare registro repentinamente e in maniera frequente per tenere alta la tensione e approfondire una trama che già nel suo primo e dichiarato strato si presta a curiosi e stuzzicanti risvolti. "Confessions" è prevalentemente un thriller psicologico che non disdegna, in alcuni frangenti, di appoggiarsi anche all'horror, abbracciandolo nella sua forma più elegante e quindi abbandonandolo per non rimanerne troppo attaccato.
Nakashima dimostra grandi capacità di racconto, sa come innalzare tensione e, ancora meglio, sa come spacchettare la serie di eventi incredibili di una sceneggiatura (tratta dal romanzo omonimo di Kanae Minato) dall'altissimo potenziale. Nei primi venti minuti ci convinciamo che l'intero conflitto debba svolgersi all'interno della classe dove l'insegnante protagonista sta terrorizzando col suo monologo i suoi alunni che la seguono parzialmente distratti, ma poi uno stacco ci lascia uscire all'esterno andando a puntare gli altri personaggi coinvolti nella vicenda e proponendoci le loro confessioni una dopo l’altra. A sostenere il racconto, musiche o canzoni vere e proprie costantemente in sottofondo: artificio con cui si sceglie di risaltare ancor di più la drammaticità, ma che tuttavia - se in partenza poteva esser riconosciuto come un tocco originale - alla lunga si tramuta in un meccanismo di alterazione, spesso esagerato, per lasciar vivere ogni scena come fosse un momento in crescendo o portatrice del climax risolutivo.
I ragionamenti legati al valore della vita trivelleranno il cervello sia durante che post-visione, generando soluzioni che un attimo dopo verranno abbattute per poi essere rimesse in discussione nuovamente e in maniera diversa. Il dubbio che però la vita non abbia né logica e né valore stimabile e che, per questo, se tolta non possa essere in alcun modo rimborsata è, secondo chi scrive, il significato più veemente e più prezioso di questo titolo. Sicuramente molto più psichico di quanto voglia essere vendicativo.
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