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Confini. Il dove della poesia italiana: Pier Paolo Pasolini

Creato il 20 febbraio 2013 da Wsf

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Alla mia nazione

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.

Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Poesie disperse II

La diversità che mi fece stupendo
e colorò di tinte disperate
una vita non mia, mi fa ancora
sordo ai comuni istinti, fuori dalla
funzione che rende gli uomini servi
e liberi. Morta anche la povera
speranza di rientrarvi, sono solo, per essa, coscienza.
E poiché il mondo non è più necessario
a me, io non sono più necessario.
(Ombra di Sofocle)

Tuo figlio è già in un palcoscenico,
non te ne sei accorto? In un palcoscenico vivente
che ha per fondali paesaggi veri dell’alta Lombardia.,
e le mura della tua bella villa di campagna.
Egli si rappresenta a te.
Ma tu, anziché contemplarlo, lo insegui per
prenderlo.
Ah, vecchia, maledetta abitudine al possesso!
Te lo dico bonariamente, con la tua ironia
che ti distacca dalla violenza della vita
e della tua coscienza: ma questa
tua vecchia abitudine al possesso è la tua morte.
Morte che nessuno, mai, in nessun luogo, piangerà.

Dies irae

No, col mio onesto cuore non mi alleo.
E’ troppo puro, ha il freddo della morte,
e voi, che non sfruttate il suo ardore
ingenuo, i suoi richiami perentori,
avete la speranza che lo ascolti
questo ladro di sé che io sono…

Quel giorno, vinto, ascolterò il mio pianto,
man in mano avrò il cipresso, non l’ulivo!
Voi lo sapete, o angeli, che tenta
la mia voce il barbaro che stette
dinanzi ad una terra d’albe e gemme;
fu la terra ch’io vidi sul Livenza

sul Po, sul Reno quando una bipenne
di oro fanciullesco nella mano
agitavo gioioso sul padano
paesaggio: lì la mia famiglia, indenne
verde tribù, viveva nel creato.
Ma ERA già la mia condanna in me.

E si scatenerà se i dolci fili
della gioia avrò perso…O Dio, c’è
già in me il mio fantasma, il mio automa,
che mi sopporterà, nel vecchio aroma
della mia stanza, del paese, e ahimè,
del mondo, quasi increato ancora,

a cui il morto, ormai, non si appassiona.

Carne e cielo

O amore materno,
straziante, per gli ori
di corpi pervasi
dal segreto dei grembi.

E cari atteggiamenti
inconsci del profumo
impudico che ride
nelle membra innocenti.

Pesanti fulgori
di capelli…crudeli
negligenze di sguardi…
attenzioni infedeli…

Snervato da pianti
ben soavi rincaso
con le carni brucianti
di splendidi sorrisi.

E impazzisco nel cuore
della notte feriale
dopo mille altre notti
di questo impuro ardore.

L’angelo impuro

Eccomi dunque in piena
eccelsa confidenza
con la mia presenza,
angelo impuro ch’amo.

Quanto sterile orrore
urge se tocco il corpo
che da ragazzo amavo
perchè certo d’amore.

Ma non inorridire,
non so abbandonarmi…
Al dio che non dà vita
chiedo di non morire.

Pier Paolo Pasolini nacque a Bologna nel 1922. Seguì il padre, militare di carriera, nei suoi trasferimenti. Frequentò il liceo e l’università a Bologna, dove ebbe maestri Contini e Longhi e frequentò Leonetti e Roversi e si laureò in Lettere con una tesi sul linguaggio del Pascoli, nel 1945. Trascorreva le estati a Casarsa, nel Friuli, luogo d’origine della madre dove si rifugiò per sottrarsi alla chiamata di leva. In friulano compose i suoi primi versi, Poesie a Casarsa (1942), poi editi con altri testi friulani in La meglio gioventù (1958). Nel’45 uccisero il fratello Guido in un conflitto a fuoco fra due gruppi partigiani di diverso orientamento politico. Nel 1947 si iscrisse al Partito Comunista. Avviatosi alla carriera dell’insegnamento, nel friulano, venne allontanato dall’insegnamento e poi anche espulso dal PCI in seguito a un oscuro episodio di omosessualità che sfociò in processo per corruzione di minori. Questo fu il primo di una lunga serie di processi che diedero a Pasolini la coscienza della propria diversità e ne segnarono il destino di emarginato e ribelle.
In seguito allo scandalo dovette lasciare Casarsa, assieme alla madre, e si trasferì a Roma, stabilendosi prima in una borgata, vivendo di lezioni private e dell’insegnamento in una scuola privata. La scoperta del mondo del sottoproletariato romano gli ispirò – oltre ad alcuni dei versi contenuti nelle Ceneri di Gramsci (1957) e nella Religione del mio tempo (1961), che seguivano quelli dell’Usignuolo della Chiesa cattolica (ma degli anni 1943-1949, e cioè anteriori alle Ceneri) – soprattutto i romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), che fecero scandalo, ma lo avviarono al successo letterario. Con gli antichi compagni d’università Leonetti e Roversi, fondò e diresse dal’55 al ’59 la rivista «Officina», che vide fra i collaboratori Fortini, Volponi e altri importanti critici e letterati militanti.
Cominciava la sua attività nell’ambito del mondo cinematografico: collaborò ad alcune sceneggiature come per Le notti di Cabiria di Fellini, quindi a partire dal ’61 diresse numerosissimi film, da Accattone a Uccellacci e uccellini, da Edipo re a Teorema, da Medea al Decameron. Molti di questi film fecero scandalo, come i romanzi, e in qualche caso costarono a Pasolini processi e condanne.
Negli anni Sessanta pubblicò ll sogno di una cosa (un romanzo scritto nel 1949), scrisse alcune tragedie, altri versi (Poesia in forma di rosa, 1964; Trasumanar e organizzar, 1971) e svolse un’intensa attività di critico militante su vari giornali e riviste (fra l’altro diresse con Moravia e Carocci «Nuovi Argomenti»), attività che, dopo la raccolta Passione e ideologia (1960), sfociò in numerosi volumi, in parte usciti postumi: da Empirismo eretico (1972) e Scritti corsari (1975) a Descrizioni di descrizioni (1979). Morì assassinato a Ostia in circostanze oscure nel 1975.


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