Confiscàre
Dal latino confiscare, derivato di fiscus ‘cassa dello stato, tesoro pubblico’.
Verbo transitivo [io confisco, tu confischi ecc.].
1. (diritto) Da parte dello stato, requisire in via temporanea o definitiva dei beni usati per commettere un reato o che sono frutto di un reato o di altro illecito: confiscare le merci di contrabbando.
2. (improprio) Espropriare o requisire, da parte dello Stato o di altro ente pubblico, un bene senza indennizzo.
(estensione) Attribuirsi la proprietà di un bene, senza versare un corrispettivo o una indennità.
Confìsca
Sostantivo femminile.
1. (diritto) Il confiscare: provvedimento di confisca.
2. (diritto, non comune) La cosa, le cose confiscate.
Una (parola) giapponese a Roma
Kellek [kel'lek]
Voce turca kelek, ‘zattera di otri’.
Sostantivo maschile invariabile.
(etnologia) Zattera costituita da un’intelaiatura di travi di legno, talvolta sostenuta da otri gonfiati , impiegata dagli indigeni lungo il basso corso del Tigri per il trasporto di persone e mercanzie.
Ci scrive Mario Cacciari che colma una lacuna nella risposta del vostro curatore.
— Per il plurale di principio, a mio parere, si potrebbe elegantemente evitare l’accento interno -che non disdegno- anche scrivendo, in piena correttezza, la doppia la ‘i’ finale -che personalmente adoro, come direbbe Angelica-, oppure marcandola con un accento circonflesso. Così: principii oppure principî.
In questo modo, come minimo, si potrebbe evitare, a chi si trovasse a dovere leggere all’impronta ad alta voce, di incespicare e rileggere chiedendo scusa, o di essere costretto a prendersi un pezzetto di secondo di interruzione (tempo comunque enorme per chi ascolta) per rendersi conto della comprensibilità del contesto. —
E anche Marco Marcon.
— In realtà esiste anche altre grafie per il plurale di principio, ovvero principî con l’accento circonflesso o principii con la doppia i, anche se, come si può leggere sul sito dell’Accademia della Crusca:
"La consuetudine odierna prevede che l’unico plurale da scrivere obbligatoriamente con la doppia -i finale sia quello dei vocaboli terminanti in -io con i tonica, cioè su cui cade l’accento: addìo > addii, gracidìo > gracidii, leggìo > leggii, oblìo > oblii, pendìo > pendii, vocìo > vocii ecc."
Principio non fa parte di questo gruppo e quindi la grafia con doppia i o con la î non è obbligatoria, ma come dice più avanti lo stesso articolo (sottolineatura inserita da me):
"Per ricapitolare, dunque, nell’italiano contemporaneo prevale la grafia in -i semplice, ma si incontrano, in forma minoritaria, le grafie accentate, quelle con l’accento circonflesso e quelle in doppia -i. Nessuna di queste ultime tre è definibile errata; al massimo, quando non assolutamente necessaria, dona al testo una certa aria anticheggiante, un po’ vintage; del resto, perfino uno scrittore attentissimo alla lingua come Italo Calvino usa forme in -ii anche nei suoi ultimi scritti." —
Meno male che, grazie ai lettori della Parolata, così attenti e propositivi, il vostro curatore si può permettere di essere incompleto o di sbagliare, sicuro che qualcuno integrerà o correggerà le informazioni riportate. E può permettersi di imparare molte cose. Lo sapete, vero, che senza i contributi dei lettori la Parolata sarebbe terminata anni fa per manifesta noia del curatore? Quindi grazie a tutti voi.