E si consumano le scarpe da pallone, dentro la polvere
E sei lì, e ti senti un panchinaro. E ti piace pure, la tua vita da panchinaro di lusso che si vede scorrere davanti i campi di serie A, ogni tanto calpesta l’erba, respira il profumo ma non si sporca le mani con le cose della vita (quelle che facevano piangere i poeti).
E i più grandi si prendono il campo, tutto per sé
E siccome il campo, quello vero, non l’hai calpestato mai, non capisci perchè a loro piaccia così tanto essere irremovibili titolari. Salvo poi scoprire, quando tocca a te, che uscire dal campo, un attimo prima dello scadere è sofferenza pura.
E li guardi andare via, mentre fantastichi su di te
Ma la realtà non è mai come te la immagini. E forse è giusto così. E forse è bene così. Altrimenti, sai che noia. E ad un certo punto saltano tutti gli schemi. E non funziona più nemmeno il catenaccio. e capisci che il fantasista è importante, ma anche un buon mediano serve, e un difensore d’ordine e disciplina. E uno che sappia parare. Capisci che serve una squadra, persino tu lo capisci, tu che hai sempre pensato che tre persone sono già una folla.
E il cuore batte alla rinfusa, che serietà, nella fretta di portare pantaloni lunghi e personalità.
E capire che dopo un po’ l’abito serve anche lui a fare il monaco, ma se i pantaloni lunghi li puoi comprare al negozio all’angolo, la personalità non la vendono al mercato. Ma a differenza del coraggio di Don Abbondio, che se uno non ce l’ha non se lo può dare, la personalità si costruisce. E capisci anche che una sconfitta aiuta a costruire la personalità più di cento vittorie.
E ognuno lascia un segno sulle persone più sensibili
E conti le molte persone che hanno lasciato un segno, finché un giorno qualcuno comincia a dirti che il segno alla tua maniera lo stai lasciando anche tu.
E allora capisci che
all’insaputa di chi dimentica che c’è un niente che modifica il presente,
tu ormai, almeno quello l’hai capito. E sei sempre lì, in attesa di quel minuscolo battito di ciglia che, solo, è in grado di modificare lo scenario.
E avresti davvero anche tu voglia di confonderti, per un giorno o per un’ora, in un playback