La conoscenza di Sé, secondo la teoria evoluzionista, la psicologia dello sviluppo e la Teoria della Mente, costituisce l’espressione di uno tra i bisogni primari dell’uomo, un percorso che possiamo dire biologico. Liotti G. afferma: “anche i bisogni epistemici della conoscenza di Sé-con-l’altro vanno considerati tra le motivazioni primarie dell’uomo”.
Spiegando più dettagliatamente, la conoscenza di Sé-con-l’altro avviene primariamente nell’interscambio genitoriale, dove vengono attivati i “Sistemi Motivazionali Interpersonali” (SMI), che rappresentano la primaria conoscenza geneticamente preposta all’interazione, sia nel bambino sia nella “figura d’accudimento” .
Gli SMI, che sono messi in azione per primi, sono quelli reciproci dell’attaccamento per il bambino e quello dell’accudimento per la persona adulta, una sorta di scambio complementare utile alla crescita del piccolo di uomo che – più di ogni altra specie animale, compresa quella di cui fa parte, l’antropomorfica – necessita di un periodo lungo di protezione. Se tale interscambio, che ha radici genetiche adattive, viene meno, ecco che si affaccia la possibilità d’incombere, in età successive, in problematiche interpersonali o ad una vera e propria psicopatologia.
Bowlby afferma, che il bisogno del bambino di avere una figura protettiva accanto, derivi dal primario bisogno di origine filogenetica costituito dalla difesa, da parte di una figura adulta, dai predatori.. Tale concetto evoluzionistico arricchito dalla visuale costruttivista, ci suggerisce che il piccolo di uomo ha bisogno di una figura d’accudimento “la base sicura”, che gli consenta, mantenendo contemporaneamente lo stato intrasistemico (dopo le perturbazioni prodotte dall’ambiente) in equilibrio, l’acquisizione di nuove conoscenze favorendone l’esplorazione.
Tutti vengono al mondo con l’attesa di un attaccamento sicuro, e se tale anticipazione, programmata geneticamente, non si verifica, si può entrare in una fase di attaccamento disfunzionale, dove le risposte ai rapporti interpersonali sono all’insegna di stili cognitivi patologici come: l’immunizzazione, l’evitamento” l’ostilità, invece dell’esplorazione attiva tipica dell’attacamento funzionale, quello sicuro. Queste modalità iniziali frutto dell’interazione con le figure genitoriali, costituiranno dei veri e propri stili interpersonali che guideranno nella vita l’adolescente prima e la persona adulta poi. La rappresentazione di Sé-con-l’altro formatasi nell’infanzia pertanto, costituisce il substrato al quale non è possibile non fare riferimento quando si parla di problematiche interpersonali.
Se la reciprocità genitoriale primaria, sarà stata improntata ad uno scambio funzionale, avrà necessariamente offerto la possibilità di costruire una rappresentazione mentale di Sé-con-l’altro unitaria, altrimenti si avrà una scarsa o assente unità di coerenza rappresentativa di Sé, cioè il modello operativo interno (MOI) – le rappresentazioni di Sé chiamate da Bowlby Internal working models – sarà all’insegna dell’insicurezza o addirittura della disorganizzazione. Pertanto, è proprio la tipologia del MOI, che si è formato durante l’interazioni di attaccamento, che deciderà se l’individuo che ne verrà fuori, sarà o no adattato, o se avrà o meno problemi psicologici o se in estremo svilupperà una psicopatologia.