Sull'autrice
Ma prima qualche informazione sull'autrice, che ritengo utile per capire il suo universo narrativo. Di origini ucraine, si trasferì presto in Francia, dove studiò e lavorò, scrivendo i suoi romanzi in lingua francese. Nonostante si convertì al cattolicesimo, le sue origini ebraiche non la risparmiarono dalla follia del nazismo: nel 1942 fu deportata ad Auschwitz, dove morì a soli 29 anni. L'origine benestante, il disinteresse della madre nei suoi confronti, i continui spostamenti (a San Pietroburgo, in Finlandia e poi finalmente in Francia) sono tutte tematiche che, rielaborate, ricorrono nei suoi romanzi. Iniziò a pubblicare all'età di 18 anni, mentre studiava Lettere alla Sorbona. Conosceva sette lingue, motivo per cui poteva accedere alle opere straniere in lingua originale. Nonostante il successo, che arrivò soprattutto a partire dal 1929, con la pubblicazione di David Golder, le fu negata la cittadinanza francese e, nei primi anni '40, a causa del clima antisemita che si andava diffondendo, le fu proibito continuare a pubblicare. La fama di quest'autrice, gradualmente offuscata, fu rinsavita grazie all'opera dei due figli, che conservarono i suoi manoscritti e lottarono affinché non venisse dimenticata.Il vino della solitudine
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Antoinette è una ragazza di quattordici anni che assiste passivamente al salto di categoria della sua famiglia, ritrovatasi improvvisamente ricca. Osserva l'ossessione dei genitori, intenti ad ostentare la loro ricchezza, per l'apparenza e il riscatto sociale, e assiste ai preparativi per il grande ballo da loro organizzato, passaggio obbligato per segnare l'ingresso nell'alta società. I preparativi procedono tra l'euforia, il timore che qualcosa vada storto, il desiderio di godersi il momento e, allo stesso tempo, che tutto finisca il prima possibile. Antoinette, però, non potrà partecipare: rinchiusa nel ripostiglio, assisterà al grande evento come una spettatrice ad una rappresentazione teatrale. Ma Antoinette non vuole essere una semplice spettatrice...
In sintesi
Il contrasto e il rapporto antagonistico tra madre e figlia, il desiderio di vendetta di quest'ultima che ha bisogno edipicamente di annientare la madre per sentirsi libera, escogitando metodi che la rendono, però, più simile a lei di quanto non si possa immaginare; la solitudine in una società che si sofferma e si preoccupa solo dell'apparenza; l'ipocrisia dell'essere umano; il senso effimero della bellezza e della giovinezza: queste le tematiche principali che popolano l'universo, prevalentemente femminile, dei romanzi della Némirovsky, ambientati nel contesto storico russo o parigino. La vita dell'autrice si riflette nel mondo narrativo, nel quale ricrea le sue sensazioni e la sua realtà storica attraverso storie avvincenti, in cui la psicologia umana riesce a emergere senza finzioni, senza sentimentalismi, senza restrizioni, ma nella sua assoluta sincerità: subdola e ingannevole. Oltre a uno stile che ti trascina, la scrittura di Irène Nèmirovsky mi ha catturato proprio per la sincerità e la schiettezza con cui riesce a descrivere i sentimenti attraverso le azioni e i comportamenti dei personaggi, rendendo le sue narrazioni, nonostante la distanza spazio-temporale, assolutamente adattabili alla realtà odierna.