Consensi e polemiche: la street art a bologna

Creato il 17 marzo 2016 da Caval48 @carlovalentini

di CARLO VALENTINI

Una città in subbuglio per colpa di una mostra sulla street art. Operai che staccano opere dai muri, autori che nottetempo armati di vernice scura, le cancellano dai palazzi in segno di protesta, il sindaco, Virginio Merola, che litiga col potente presidente di Banca Imi nonché di Genus Bononiae, ricco ramo museale della fondazione più importante, quella della Cassa di risparmio (il che, alla vigilia delle elezioni amministrative, col sindaco che si ricandida, non è propriamente di buon auspicio), i critici d'arte che si dividono e si infamano gli uni con gli altri, con la pagina Facebook creata in tutta fretta "Io non partecipo" che ha già raccolto oltre 3000 adesioni e le tv straniere che arrivano per documentare questo strano fenomeno di una mostra che fa esplodere quella che Francesco Guccini, in una celebre canzone, ha definito "una vecchia signora dai fianchi un po' molli, col seno sul piano padano ed il culo sui colli".

La mostra dello scandalo, che sarà inaugurata domani, (fino al 26 giugno, ingresso 13 euro), si intitola: Street Art-L'arte allo stato urbano, curata da Christian Omodeo e Luca Ciancabilla, con l'apporto di Sean Corcoran, a capo del Museum of the City of New York e di Arthemisia Group. Sono esposte opere prelevate dai muri della città. La domanda di fondo, che ha acceso la miccia, è: opere destinate alla strada e quindi a una fruibilità popolare e gratuita possono essere tolte dalla loro collocazione e inserite in un museo? Tra l'altro l'operazione è stata effettuata senza il consenso di un autore assai celebrato, Blu, considerato recentemente dal quotidiano Guardian tra i dieci più importanti esponenti mondiali della street art, che ha per protesta ricoperto di vernice, con tanto di telecamere al seguito, tutti gli "affreschi" che aveva realizzato in città "per sottrarli al mercimonio".

Il bello è che uno dei curatori aveva scritto tre anni fa che "queste opere di strada non devono diventare proprietà privata senza il consenso espresso dell'artista che le ha invece offerte allo spazio pubblico". Salvo poi mandare i tecnici in giro per la città a strappare i graffiti. E di rimando il sindaco Merola commenta: "Se l'autore non è stato avvisato è stato fatto un errore ma risolvere una situazione controversa annullando le proprie opere d'arte non mi sembra il massimo, così com'è sbagliato privatizzare un'opera senza chiedere il permesso". Pure lui, però, in passato anziché di opere d'arte aveva parlato di imbrattamento dei muri (quando i graffiti non sono richiesti) e deciso di punire con 500 euro chi viene trovato con lo spray in mano. E' toccato per esempio ad AliCè, che il Comune ha multato per imbrattamento e si ritrova artista di grido in questa rassegna.

La mostra contiene 250 opere. Tra le firme: Bansky, Haring, Basquiat, Rusty, Cuoghi-Corsello e, appunto, Blu. Per la prima volta in Italia è proposta la collezione del writer americano, nato nel quartiere di Chinatown, Martin Wong, donata nel 1994 al Museo della Città di New York. L'artista è famoso per aver immortalato la vita del suo quartiere multietnico attraverso uno sguardo tagliente e introspettivo.

La querelle sollevata promette bene per la quantità dei visitatori. Fabio Roversi Monaco, presidente di Genus Bononiae e organizzatore dell'esposizione assicura che "quasi tutte le opere si trovavano all'interno di complessi edilizi con pericolo di crollo e i terreni erano stati venduti, quindi in realtà quelle opere le abbiamo salvate".

Prende però le distanze un componente la giunta comunale, l'assessore Matteo Lepore: "dobbiamo imparare tutti dalla vicenda che lo spazio pubblico è un bene comune e come tale appartiene alla comunità".

Ovvero come una mostra può diventare terreno di scontro anche politico, sulla scia del gesto di Blu, così commentato dal collettivo che lo appoggia: "Una decisone presa da chi ha chiara la differenza tra chi detiene denaro, cariche e potere, e chi mette in campo creatività e ingegno. È la resa dei conti fra arte e politica. O meglio, è l'arte che si fa politica".

Bacchetta sindaco e giunta, Cathy La Torre, consigliere comunale di Sel: "Se Blu non avesse fatto ciò che ha fatto, non avrebbe portato all'attenzione internazionale qualcosa che a Bologna è in atto già da tempo: la speculazione artistica che prende il sopravvento su un bene collettivo. L'assessore alla Cultura ha tentato di cavalcare la protesta di Blu, ringraziando l'artista per aver 'fatto riflettere' la città, poteva pensarci prima".

Il dibattito sulla street art è destinato ad espandersi ad altre città. Il veterano dei writer milanesi, Davide Atomo Tinelli, dice: "la nostra è un'arte effimera e deve rimanere sui muri. Perché se cambia di posto cambia anche di senso". Aggiunge il catanese Poki: "Ogni disegno non è collocato per caso in un posto ma si inserisce nell'ambiente in cui è stato creato, è legato ad esso, alle persone che vivono nei dintorni. So che una mia opera su un muro può durare un'ora o due anni. Nel caso di Bologna il vero problema è che l'opera viene tolta ai destinatari originali, che in ogni momento possono usufruirne gratuitamente". Aggiunge Valter Pinto, docente di Storia dell' arte moderna all'università di Catania: "La street art per definizione, per essere capita bene, va vista per le strade e non nei musei".

Tenta la mediazione il curatore della mostra Luca Ciancabilla: "Gli 'stacchi' non nascono oggi, molti writers vogliono entrare nel mondo dell'arte, altri no. La mostra vuole illuminare anche questo rapporto di amore-odio".

Intanto a Firenze, forse guardando all'affaire bolognese, stanno decidendo di regolamentare l'attività dei writers. Gli artisti potranno esercitare la loro attività in alcuni luoghi scelti dall'amministrazione. Nella bozza di delibera è scritto che "si intende consentire l'espressione di forme artistiche in contenitori riconosciuti. Il resto di questo tipo di attività non può essere considerato forma artistica, in quanto si tratta di imbrattamenti che costituiscono danneggiamenti di beni pubblici e privati e ogni anno costano molte risorse sia pubbliche o private per il recupero del decoro urbano". In compenso nessuno potrà appropriarsi dell'opera realizzata nello spazio concesso senza il placet di chi l'ha realizzata. Commenta Clet Abraham, writer bretone che si è stabilito a Firenze: "Mah, l'uomo comune dice: sogno un mondo dove essere civile non è solo obbedire. La polizia risponde: multa e rimozione forzata. Con la street art la città e magica, perché relegarla nei ghetti?".

Rimane il fatto che la stragrande maggioranza degli autori delle opere in mostra a Bologna hanno accettato che i propri lavori venissero spostati dai muri. Una tempesta in un bicchiere d'acqua? Un writer milanese, , Soviet, fa una provocatoria riflessione: "Ma quale street art se la street non c'è più?".

16.03.2016


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