Considerazioni libere (199): a proposito di chi vive grazie ai rifiuti...

Creato il 20 gennaio 2011 da Lucabilli
Non è la prima volta che parlo di persone che vivono - o sopravvivono - grazie ai rifiuti: se volete, potete leggere la "considerazione" nr. 111. Lo scorso 11 gennaio è uscito su The New York Times un bell'articolo di John Leland sui disperati di Nasr City.
Nasr City è uno dei più grandi insediamenti abusivi nati intorno a Baghdad dopo l'invasione statunitense del 2003. Alcune centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad andare a vivere in alloggi di fortuna, spesso costruiti da loro stessi con lamiere o pezzi di legno, a causa delle guerre, dei conflitti religiosi ed etnici, della crisi economica. In Iraq non esiste un censimento ufficiale né tantomeno è possibile avere dati certi su quante persone vivono in posti come Nasr City. Quelli che ci abitano pensano di essere almeno mezzo milione, mentre il governatore della regione di Baghdad stima in 600mila gli sfollati nei 42 campi abusivi intorno alla città, ma quest'ultimo dato è probabilmente calcolato per difetto. Visto che Nasr City ufficialmente non esiste, non ci sono elettricità, acqua potabile e fognature, così come mancano scuole e presidi sanitari; le forze di polizia non entrano nell'insediamento.
L'economia di Nasr City è basata essenzialmente sui rifiuti. Ogni giorno, prima che sorga il sole, un esercito di pezzenti esce dallo slum per andare a Baghdad e setacciare l'immondizia prima che passino gli automezzi per la raccolta. Leland ha seguito per un giorno qualcuno di loro. Tarish, 22 anni, una moglie e due figli, è riuscito a raccogliere otto chili e mezzo di lattine, un grosso rottame di ferro e mezzo chilo di cavo elettrico, da cui ha bruciato l'isolante: una giornata fortunata che gli ha fruttato 10 dollari. La sua media è di 4 dollari al giorno. Anche Hasun, 27 anni, una moglie e quattro figli, è uno dei diseredati di Nasr City, ma fa l'intermediario, ha un carretto, compra dai raccoglitori come Tarish e rivende a chi gestisce il commercio dei rifiuti: per Hasun in un giorno fortunato il guadagno può arrivare fino a 20 euro, ma deve mantenere anche il cavallo per trainare il carretto.
Raccogliere i rifiuti è illegale, anche se in qualche modo favorito dall'inefficienza del servizio di raccolta e di smaltimento "ufficiale". Il sindaco di Baghdad ha progettato la realizzazione di due impianti di riciclaggio e il potenziamento del servizio di raccolta nelle ore notturne per impedire il fenomeno dei raccoglitori, "poiché sono un'onta per la nostra società". E' facile capire che il problema dei raccoglitori abusivi non si potrà risolvere, eliminando i rifiuti dalle strade, ma soltanto offrendo loro una reale opportunità di lavoro. Raccogliere rifiuti può anche essere un rischio; in alcuni casi le forze di sicurezza hanno scambiato i raccoglitori per attentatori impegnati a piazzare ordigni esplosivi: alcuni di loro sono stati arrestati, altri sono morti.
Quando nei vertici internazionali si ragiona sulla soluzione politica del conflitto iracheno ci si dimentica di Tarish, di Hasun e delle migliaia di persone che, come loro, ogni giorno vivono racattando i rifiuti. Epure loro hanno diritto di essere ricordati: se non si risolve la loro condizione è impossibile perfino immaginare una pace.

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