Considerazioni libere (209): a proposito di una sorpresa annunciata...

Creato il 23 febbraio 2011 da Lucabilli
In una certa retorica giornalistica, che in questi anni va decisamente per la maggiore, si tende ad abusare dell'aggettivo "storico" per definire fatti che superano a stento le forche caudine della cronaca: ci sono elezioni storiche, partite storiche, spettacoli storici e così via. Nonostante questa necessaria premessa, credo sia doveroso definire storico quello che sta avvenendo in queste settimane nel Maghreb. La storia nel suo evolversi spesso sorprende chi vive quegli stessi avvenimenti che i posteri ricorderanno come passaggi epocali, fondamentali per la storia dell'umanità. L'ho scritto anche in una "considerazione" recente, sempre dedicata alle rivolte dei paesi della costa meridionale del Mediterraneo: nell'89 rimanemmo sorpresi di fronte al crollo improvviso e velocissimo dei regimi comunisti dell'Europa orientale, anche se ogni analisi seria indicava ormai la crisi sempre più grave di quel modello e di quelle strutture politiche. Anche in noi - mi permetto indegnamente di usare questo pronome per indicare chi militava allora nella sinistra italiana, in particolare nel Pci - che pure da qualche tempo, discutevamo, per usare un eufemismo, sulla fine della "spinta propulsiva", quel passaggio lasciò un senso di incertezza e comunque una sensazione di sorpresa.
Questo antefatto per dire che una certa meraviglia, un momento di impasse, la difficoltà a capire come muoversi sono giustificati anche di fronte alle attuali rivolte nei paesi arabi, ai fatti che si susseguono in maniera tumultuosa. Basta però. Ormai la sorpresa non può più essere usata come una giustificazione per la miopia e l'incapacità di intervento della comunità internazionale. Ormai sono passate alcune settimane: il tempo è scaduto. Ammettiamo pure che i fatti della Tunisia abbiano colto in contropiede i governi occidentali, già è meno giustificabile la sorpresa di fronte ai fatti egiziani, ma dire che si continua a essere sorpresi anche davanti a quello che sta succedendo in Libia significa o essere stupidi o essere in malafede. Immagino che qualche ministro degli esteri - per evitare equivoci parlo sempre di ministri veri, non del lacchè che in Italia utilizza questo titolo - si sorprenderà anche per le prossime rivolte in Algeria.
Quello che sta succedendo in quei paesi poteva essere previsto. Basta guardare alcuni numeri: gli arabi sono circa 350 milioni, più della metà di loro ha meno di 30 anni, il livello di disoccupazione giovanile è in media, nei vari paesi, tra il 30 e il 40%, il reddito pro capite è tra i più bassi del mondo. Chi anima le rivolte di queste settimane, in Tunisia, in Egitto, in Libia, in Algeria, sono giovani che in parte hanno studiato - nonostante gli alti tassi di analfabetismo, hanno comunque un livello di istruzione maggiore di quello dei loro genitori e dei loro nonni - che conosco, o almeno hanno intravisto - attraverso la televisione, la rete, o viaggiando, le ricchezze del mondo occidentale - un'opportunità che i loro padri e i loro nonni non hanno avuto. Sono milioni di giovani che non hanno nessuna prospettiva nei loro paesi, governati da autocrati corrotti, e che si rendono conto che non c'è nessuna prospettiva neppure nell'emigrazione, visto che la crisi ha coinvolto tutto il mondo e che verso di loro nei nostri paesi c'è un forte pregiudizio. Il problema non è l'islam, non è l'odio antioccidentale - componenti pur presenti in quelle folle, ma non determinanti - questa massa enorme di giovani, chiede semplicemente di avere un futuro: è qualcosa che non può essere fermato. E' una forza potente, ancora più esplosiva perché è stata a lungo compressa. Forse imprevedibile è stata la scintilla, imprevedibile è stato il primo scoppio, ma le successive esplosioni dovevano essere previste. E per questo è ancora più grave quello che sta succedendo adesso in Libia, con un numero imprecisato di morti lasciati nelle strade dalla reazione rabbiosa di Gheddafi e dei suoi mercenari.
Si poteva prevedere che la reazione di Gheddafi sarebbe stata in linea con tutto quello che ha fatto in questi lunghi anni di regime. Come dice Shakespeare, "c'è del metodo in questa follia". Il dittatore libico ha letteralmente comprato dagli Stati Uniti e dall'Europa una sorta di licenza per comportarsi come un pazzo. Deve essere stato particolarmente divertente per lui vedere sfilare nella sua tenda i politici e gli imprenditori italiani - e non solo. A tutti loro, che si sono presentati in genere con il cappello in mano, ha offerto commesse, finanziamenti, partecipazioni azionarie, il blocco degli immigrati e così via.
Quello che è fatto è fatto: a questo punto non possiamo continuare star qui a calcolare chi ha passato più tempo nella tenda. Gli Stati Uniti e l'Europa devono abbattere Gheddafi, come hanno catturato e ucciso Saddam Hussein. Se vogliono invertire l'ordine - prima ucciderlo poi catturarlo - per evitare che il leader libico riveli qualche imbarazzante segreto - facciano pure. A questo punto bisogna salvare quel popolo da un massacro e anche un po' la nostra dignità.

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