Considerazioni libere (276): a proposito di acqua e di un diverso modello di sviluppo...

Creato il 25 marzo 2012 da Lucabilli

Nel mondo circa un miliardo di persone non ha accesso all'acqua potabile, altri due miliardi non hanno a disposizione acqua sana e quindi sono più di otto milioni le donne e gli uomini che muoiono ogni anno a causa di malattie legate all'acqua. La situazione comunque peggiorerà: la domanda mondiale di acqua aumenterà del 55% da qui al 2050, a causa della rapida crescita demografica e dell'incremento dell'urbanizzazione. L'acqua è un problema mondiale, ma - come spesso avviene - si preferisce parlare d'altro.
Il Forum mondiale dell'acqua che si è svolto nei giorni scorsi a Marsiglia sarebbe stata una buona occasione per provare ad affrontare questi temi, invece anche in quella sede si è parlato d'altro. I governi hanno approvato - con l'eccezione della Bolivia che si è rifiutata di firmare - un testo che non fa nessun riferimento alla risoluzione delle Nazioni Unite, approvata nel 2010, in cui si afferma che l'accesso all'acqua è un diritto umano universale e fondamentale. Per la cronaca è stato il governo canadese a pretendere che questo riferimento venisse tolto dal documento, che sarebbe servito ad addolcire una pillola comunque amara. Il testo approvato a Marsiglia rafforza il meccanismo del cosiddetto full recovery cost: in pratica si auspica un sistema di finanziamento del servizio idrico che coniughi tariffe, investimenti privati accanto alla mobilizzazione di risorse pubbliche, con un ulteriore accelerazione nella costruzione di grandi impianti idroelettrici. Già la sede faceva presagire quale sarebbe stato il taglio del documento finale: il Forum infatti si è svolto presso il Consiglio mondiale dell'Acqua, ossia l'associazione di diritti privato che riunisce le principali multinazionali del settore.
L'acqua oggi non è "finanziarizzata" come le altre grandi risorse, il petrolio, la terra, il cibo e le altre materie prime. Di questi temi ho già parlato, vi segnalo in particolare le "considerazioni" nr. 264 e nr. 268, che vi invito a leggere, se non lo avete ancora fatto. Quando critichiamo le deriva ultraliberista che guida ormai le élite economiche mondiali, quell'1% contro cui il 99% cerca inutilmente di far sentire la propria voce, dobbiamo in particolare mettere in luce il fatto che questi signori lavorano incessantemente per collocare in maniera sistemica i beni comuni nell'alveo finanziario. L'acqua era l'ultimo bene che mancava, ma dopo Marsiglia, ci sono un po' più vicini.
L'obiettivo finale, reso più semplice dal mancato riferimento aalla risoluzione dell'Onu, è la trasformazione dell'acqua in una commodity, e quindi poterla commercializzare attraverso un sistema di vendita globale dei diritti di sfruttamento. In alcuni stati degli Usa, in Cile, in Sudafrica, in Australia questo è già possibile e altri paesi stanno pensando di introdurre questo modello. Il risultato finale, quando questo sistema sarà adottato a livello mondiale, sarà quello una creare una vera e propria "borsa dell'acqua", dove sarebbe possibile comprare e vendere i diritti di sfruttamento, così come oggi già avviene con le materie prima e con i crediti di carbonio previsti dal protocollo di Kyoto. Chi ha un surplus di acqua o chi ha precedentemente acquisito a fini speculativi i diritti di un fiume, una falda o un lago potrà rivenderli a chi ha un deficit idrico. Possedere una certa quantità d'acqua significherà avere un asset finanziario in grado di generare una rendita; sarà inoltre possibile strutturare sull'acqua tutti prodotti finanziari derivati, come avviene oggi con i prodotti alimentari, con le conseguenze che sappiamo.
Negli stessi giorni si è riunito, sempre a Marsiglia, il Forum mondiale alternativo. Riporto alcuni passi significativi delle conclusioni.

Lo sviluppo capitalista proprio del modello estrattivo occidentale ha generato delle profonde e gravissime crisi economiche, sociali e ambientali globali. La struttura capitalista neoliberista e non democratica che ha determinato questa situazione sta ormai crollando. [...] Il loro approccio, che considera l'acqua come una merce, contrariamente alla volontà delle popolazioni, è ingiusto e strutturalmente incapace di garantire l'accesso all'acqua e ai servizi igienico-sanitari per tutti. Grazie al movimento per la Giustizia idrica, le Nazioni Unite hanno riconosciuto il diritto umano all'acqua e ai servizi igienico-sanitari. Conseguentemente, sono state ottenute alcune vittorie di rilievo, fra cui: l'adozione di emendamenti costituzionali che integrano il riconoscimento questo diritto, presso numerosi Stati in America Latina; in Italia, il trionfo del referendum contro la privatizzazione dei sistemi di gestione delle acque; la rimunicipalizzazione dell'acqua a Parigi, e in numerose altre città del mondo; e le prime sentenze nazionali che riconoscono il diritto all'acqua.
Ci impegnamo a proseguire e incrementare il nostro sforzo dinamico in direzione dell'effettivo riconoscimento di questo diritto fondamentale, attraverso proposte concrete riguardanti la dimensione politica, democratica, ambientale e sociale del problema.
Sosteniamo sistemi di gestione dell'acqua pubblici e comunitari; proponiamo l'adozione di partenariati pubblici-pubblici e pubblici-comunitari.
Richiediamo una democrazia "reale": le popolazioni coinvolte devono partecipare alle decisioni fondamentali riguardanti l'acqua, quali - ad esempio - la scelta del sistema di gestione idrico o la realizzazione di un progetto di larga scala. La partecipazione comunitaria in questo processo è essenziale.
Proponiamo la realizzazione di un sistema giuridico internazionale indipendente, che sia in grado di garantire il diritto all'acqua e ai servizi igienico-sanitari. Tale diritto dev'essere esigibile da ogni individuo in ogni parte del mondo, e coloro che comettono violazioni in proposito devono essere perseguiti come responsabili. In particolare, viene formulata la richiesta di stabilire una Corte Penale Internazionale dell'Ambiente.
Riconosciamo l'importanza dei saperi tradizionali e dei diritti consuetudinari. Difendiamo i diritti e le pratiche dei popoli indigeni.
Sosteniamo l'agricoltura familiare e di piccola scala, come modello rispettoso dell'ambiente. Promuoviamo una vera sovranità alimentare che consenta ad ogni individuo di sfamarsi, e avere accesso all'acqua e alla terra.
Ribadiamo che i diritti delle donne sono al centro della lotta globale per l'acqua.
Riaffermiamo il diritto all'acqua per tutti: l'accesso incondizionato all'acqua per tutti, in quantità necessaria alla vita, è una responsabilità colletiva. Qualora si rendessero necessarie delle tarifficazioni, esse dovranno fondarsi sul criterio della progressività al fine di evitare l'esclusione sociale.
Sosteniamo la conservazione e l'integrità del ciclo dell'acqua, come forma di riconoscimento dei diritti degli ecosistemi e delle specie ad esistere, crescere ed evolvere.
Ci opponiamo ad ogni forma di sfruttamento industriale dei beni comuni naturali, segnatamente alle attività minerarie e di estrazione di idrocarburi (fra cui il gas di scisto) che danneggiano l'integrità delle risorse idriche.
Chiediamo lo sviluppo di una transizione verso dei sistemi energetici alternativi, sostenibili, locali, che comportino la riduzione dei consumi energetici. Tale processo implica in particolare l'immediata proibizione della fratturazione idraulica per l'estrazione di idrocarburi, e l'adozione di una moratoria internazionale sulle grandi dighe.
[...]
Invitiamo i governi a sostenerci nel rifiuto delle false soluzioni alla crisi finanziaria e ambientale globale propugnate dalla "green economy". Le grandi dighe, le centrali nucleari, le piantagioni di agrocarburanti e le monocolture industriali incidono negativamente sulla quantità e qualità delle acque. Accogliamo sistemi economici funzionali all'instaurarsi di comunità sane dal punto di vista umano e ambientale, e non esclusivamente alla massimizzazione del benessere individuale.
[...]
Sollecitiamo gli Stati a finanziare sistemi idrici e igienico-sanitari pubblici attraverso lo strumento della fiscalità generale progressiva, e/o delle imposte sulle transazioni finanziarie nazionali e internazionali. Il diritto umano all'acqua necessita infatti di un finanziamento pubblico adeguato. Si deve porre un termine alle politiche di austerità economica nel Nord globale, e agli aggiustamenti strutturali nel Sud globale: tali provvedimenti hanno indotto i governi tagliare brutalmente le spese per i fondamentali servizi idrici e igienico-sanitari, e aperto ulteriormente la strada al settore privato e alle multinazionali.
Gli Stati devono garantire che le Istituzioni Finanziarie Internazionali interrompano ogni tipo di attività volta a promuovere la privatizzazione e finanziarizzazione dei servizi idrici, e che in qualunque modo indebolisca il controllo e la gestione democratici dell'acqua.

Leggendo queste proposte si capisce come, attraverso la difesa dell'acqua, si possa immaginare un diverso modello di sviluppo. Un mondo diverso è possibile; proviamo a non dimenticarlo, nonostante tutto quello che ci dicono.


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