Considerazioni libere (289): a proposito di spending review...

Creato il 06 luglio 2012 da Lucabilli
Come ho già ampiamente scritto nelle due precedenti "considerazioni", il vertice europeo si è formalmente concluso alcuni giorni fa con la "vittoria" di Mario Monti; ora i tecnici, quelli veri, quella della troika - gente notoriamente senza nome e senza volto - stanno scrivendo, in vista del prossimo incontro del 9 luglio, il vero accordo e probabilmente quando riusciremo a leggerlo, traducendolo dal tedesco, ci accorgeremo che la "nostra" vittoria non sarà poi così netta. Ci sarà sempre il cosiddetto "scudo salvaspread", ma probabilmente per farlo funzionare servirà il benestare della troika e sarà sottoposto a condizioni. Ieri intanto Draghi ha spiegato che per ora la Bce sospenderà l'acquisto di titoli di stato dei paesi in difficoltà, puntando una pistola alla tempia ai governi di quegli stessi stati: hic Rhodus, his salta. Intanto il "vincitore" è tornato in Italia e abbiamo cominciato a vedere subito gli effetti della sua vittoria. In Grecia i tecnici della troika lo hanno chiamato memorandum, in Italia Monti si è inventato la spending review, se non è zuppa, è pan bagnato; la ricetta è sempre quella: tagli, tagli, tagli. L'unica differenza con la Grecia è che a noi i tagli non ce li impongono, ma li abbiamo decisi noi, a stragrande maggioranza.
Come è noto, Monti ha cominciato la sua azione di governo riducendo la spesa previdenziale, sia abbassando le pensioni già erogate sia impedendo a chi ne aveva diritto di andare in pensione. Poi è intervenuto sul mercato del lavoro, rendendo più facili i licenziamenti. Adesso chiude il cerchio con una serie di tagli lineari sulla spesa sociale, colpendo in particolare i lavoratori pubblici. Ho lavorato a vario titolo negli enti locali, da circa un anno e mezzo ho un contratto a tempo indeterminato - sono quindi, come ho già avuto occasione di scrivere, un privilegiato in questo paese - ho fatto per molti anni l'amministratore e quindi mi sono confrontato continuamente con dipendenti pubblici: qualcosa sul tema lo posso dire.
Prima di tutto bisogna fare un po' di storia, altrimenti rischiamo di non capire quello che sta succedendo. Per molti anni in Italia il lavoro pubblico è stato una forma di welfare: invece di dare sussidi economici o di avviare un piano di edilizia popolare lo stato ha preferito assumere le persone che avrebbe dovuto aiutare in altro modo. Naturalmente abbiamo il diritto adesso di non essere d'accordo con questo modo di procedere, possiamo pensare che sia stato uno sbaglio, ma non possiamo neppure far finta che non sia avvenuto. Negli anni Settanta le assunzioni nella scuola di tante ragazze e ragazzi che avevano partecipato a vario titolo al movimento studentesco ha rappresentato, più o meno tacitamente, uno dei modi con cui lo stato ha sopito la carica più rivoluzionaria di quei giovani, li ha istituzionalizzati, impedendo anche che alcuni di essi cadessero nello spirale del terrorismo. E' stato un errore? Forse sì, se si pensa unicamente alla tenuta dei conti pubblici. Bisogna anche dire con altrettanta chiarezza che attraverso la gestione delle assunzioni negli enti pubblici, a livello centrale e locale, sono cresciute le mafie di questo paese, nelle regioni del Mezzogiorno e non solo. Se si vuole davvero difendere la funzione pubblica bisogna avere il coraggio di dire queste cose, così come bisogna dire che tra noi dipendenti pubblici ci sono troppe persone che lavorano poco e male. Lo dobbiamo dire perché questi nostri colleghi sono, inconsapevolmente, i migliori alleati di quelli che pensano - come Monti  e quelli che sostengono le tesi ultraliberiste - che uno stato è tanto più forte quanto più è ridotto l'apparato dei dipendenti pubblici e striminzita la spesa pubblica. Io - come potete immaginare - penso che sia l'opposto: un'economia che funzioni ha bisogno di un apparato pubblico efficiente. Nel nostro piccolo, negli anni passati - troppa acqua anche qui purtroppo è passata sotto i ponti - l'Emilia-Romagna era il migliore esempio di questa tesi: l'economia della piccola e media impresa e degli artigiani funzionava, con punte di eccellenza a livello internazionale, perché gli enti locali garantivano una rete di servizi universali, ad esempio gli asili nido e il tempo pieno. Anni di liberismo non sono passati invano: la maggioranza di questo paese - paradossalmente anche tra gli stessi dipendenti pubblici - pensa che noi siamo un peso per la società e che quindi in fondo questi tagli ce li meritiamo.
Se non cambiamo passo, anche nel modo in cui spiegheremo le nostre ragioni contro questa manovra, la nostra lotta sarà destinata alla sconfitta e Monti la sua spending review la potrà esibire in Europa con il consenso dei cittadini. I sindacati - anche il mio sindacato, la Cgil - mi sembrano inadeguati per questo cambio di passo. Di fronte alla manovra tutti e tre i sindacati hanno già minacciato lo sciopero; quando a lottare per difendere i loro diritti erano i metalmeccanici, Cisl e Uil si sono defilati e la Cgil è apparsa attendista sulla parola d'ordine dello sciopero: come possiamo pensare che adesso le altre categorie, quelle del privato, ma soprattutto quelli che un lavoro non ce l'hanno, siano solidali con noi? Tra l'altro per noi dipendenti pubblici lo sciopero è un'arma in parte spuntata; rimane, come per tutti gli altri lavoratori, un sacrificio personale, perché perdiamo una giornata di stipendio, ma non arrechiamo un danno al nostro padrone. Se i metalmeccanici sciopero i loro padroni ci rimettono e questa è un arma che hanno i lavoratori, ma se noi scioperano, il nostro sindaco, il nostro ministro o il nostro presidente non ne ricevono alcun danno; sono i cittadini a subire le conseguenze del nostro sciopero e per questo dobbiamo essere cauti nel proclamarlo. Mi rendo conto che è una proposta paradossale, ma io vorrei che i sindacati del pubblico impiego proponessero al governo di aumentare a 40 le nostre ore di lavoro settimanali, a parità di salario, per essere nelle stesse condizioni dei lavorati privati. Poi bisogna fare uno sforzo per spiegare che un conto sono le funzioni e un conto sono le persone che le esercitano: quell'impiegato è un cretino - va bene - è uno che ruba lo stipendio - va bene - però la sua funzione, ossia quello che egli fa - o che dovrebbe fare - è importante. Questo è naturale che non lo facciano Monti e i "montiani" - compreso il Pd - perché loro devono sostenere la tesi che lo stato non serve e quindi che la spesa pubblica è una spesa che può essere in parte risparmiata; non è naturale che non lo faccia con coerenza la Cgil. Monti è un furbastro e infatti sta introducendo degli elementi di divisione tra i lavoratori pubblici e quelli privati; mentre ai lavoratori privati è di fatto impedito di andare in pensione, per i lavoratori pubblici si prospetta un piano generale di prepensionamenti. Questo naturalmente farà inc... i lavoratori privati, che non penseranno che comunque i pubblici si ritroveranno con pensioni modestissime. Il blocco dei concorsi non sarà certo ben visto dai giovani, oltre che essere un colpo mortale per la funzione pubblica. Se gli enti pubblici sono inefficienti qual è la ricetta migliore per renderli ancora più inefficienti? Lasciare al loro posto dipendenti incapaci, vecchi e per di più demotivati, bloccando l'ingresso a giovani, più capaci, più motivati, più in grado di adattarsi alle possibilità legate alle nuove tecnologie.
Se si voleva fare davvero una spending review non serviva chiamare Bondi, bastava capire per quali meccanismi chi vende un oggetto alla pubblica amministrazione lo fa a un prezzo maggiore rispetto a quando vende lo stesso oggetto a un'azienda privata o per quale motivo un'opera pubblica che dovrebbe costare 80, viene appaltata per 100 e finisce poi per costare 130. Su questo Monti non può e non vuole incidere, perché i suoi ministri sono tutti alti burocrati dello stato - ossia rappresentati della vera "casta" - che in questi ultimi vent'anni di crisi della politica hanno enormemente visto accrescere il proprio potere e i propri interessi e perché i mercati che lo sostengono, gli impersonali mercati senza nome e senza volto, un nome e un volto ce l'hanno e sono quelli che in questi anni hanno lucrato - in modo più o meno lecito, alleandosi spesso con la grande criminalità - sulle grandi opere pubbliche, sugli appalti di beni e di servizi, e hanno munto dallo stato tutto quello che potevano mungere. E lo hanno fatto alle spalle di noi lavoratori, pubblici e privati.

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