Considerazioni libere (329): a proposito di un'opera lirica...

Creato il 04 gennaio 2013 da Lucabilli
Knight crew è un'opera lirica contemporanea, andata in scena per la prima volta il 3 marzo 2010 a Glyndebourne, nell'Inghilterra meridionale. L'autore della musica è il compositore Julian Philips, nato nel 1969, mentre l'autrice del libretto è la scrittrice Nicky Singer; la regia è stata affidata a John Fulljames, nato nel 1976, e la direzione musicale a Nicholas Collon, nato nel 1983. Knight crew racconta la storia di re Artù, adattandola ai giorni nostri e ambientandola tra le gang di una periferia urbana degradata. Al di là del merito dell'opera, che comunque è stata un successo e ha avuto buone critiche sui più importanti giornali inglesi, a me interessano alcuni aspetti della produzione, che mi sembra utile sottolineare e su cui credo si possa avviare qualche utile riflessione e un confronto con quello che succede nel nostro paese.
Glyndebourne è un'istituzione teatrale privata inglese molto prestigiosa, per quanto relativamente recente, dal momento che il primo spettacolo è stato allestito nel 1934, per iniziativa di John Christie, il proprietario della villa, appassionato di opera e marito di una cantante lirica, che costruì il primo teatro e sostenne le spese di quell'allestimento e di quelli successivi. L'attività teatrale e concertistica culmina ogni anno nel Glyndebourne Opera festival,che si svolge dal 1994 in un nuovo teatro da 1.200 posti, realizzato dagli eredi di Christie, ancora proprietari della villa. Insieme a questa attività nel 1986 è stato istituito un dipartimento educativo, che lavora con le scuole del Sussex e del Kent, sia per far conoscere l'opera ai ragazzi sia per insegnare loro musica e canto. Il progetto di Knight crew si inserisce proprio in questo filone di attività. Per l'allestimento di questo nuovo spettacolo, commissionato ad hoc per questo progetto, la fondazione che presiede le attività di Glyndebourne ha investito 400mila sterline, arrivati in parte dal governo - attraverso l'Arts Council of England - e in parte da privati. Si è trattato evidentemente di un allestimento non certo "amatoriale", ma curato da professionisti del settore, tra artisti e tecnici, come nella consuetudine degli spettacoli di quel teatro, conosciuto per l'alto livello delle produzioni. L'orchestra che ha eseguito l'opera era composta da sessanta elementi: trenta professionisti e trenta giovani studenti. Il coro - che svolge un ruolo molto importante in questa opera, rappresentando appunto la "gang" del Cavaliere - è stato composto da cinquanta tra ragazze e ragazzi, dai 14 ai 18 anni, non professionisti, scelti nelle scuole e nei centri giovanili del territorio. La ricerca di questi ragazzi e successivamente la responsabilità di insegnare loro questa difficile partitura musicale è stata affidata a Gareth Malone, nato nel 1975, che da qualche anno collaborava con il dipartimento educativo di Glyndebourne, e che è diventato noto al pubblico televisivo attraverso una serie di programmi trasmessi dalla Bbc. In particolare il lavoro fatto per Knight crew è stato presentato nel documentario in tre puntate Gareth Malone goes to Glyndebourne. Per avere un'idea del suo lavoro potete guardare qualche filmato che trovate su Youtube; Rai5 ha recentemente trasmesso questo programma - e altri dedicati a Malone - con il titolo complessivo I ragazzi del coro: vi consiglio di guardarli, è un'altra televisione rispetto a quella a cui siamo ormai purtroppo assuefatti. Tra le ragazze e i ragazzi scelti per partecipare al progetto alcuni avevano storie personali difficili, in qualche caso al limite della legalità. Alcuni sapevano bene cosa significa far parte di una gang e quali sono le dinamiche che si instaurano tra i suoi membri, perché ne hanno avuto in qualche modo un'esperienza diretta; questa consapevolezza dei ragazzi è stata utilizzata sia da Malone sia dal regista per rendere ancora più efficace la rappresentazione. L'opera prevede anche un coro delle madri e anche in questo caso le audizioni hanno coinvolto donne non professioniste che vivono vicino a Glyndebourne, in qualche caso si è trattato proprio delle madri delle ragazze e dei ragazzi impegnati nel coro. Per molte di quelle famiglie Glyndebourne, per quanto fosse a poche miglia di distanza da casa loro, era un luogo sconosciuto, così come l'opera lirica.
Ecco, visto che non si perde un'occasione per farci autorevolmente notare che dobbiamo fare come l'Europa, a me, in questo caso, piacerebbe proprio fare come l'Europa. Come sapete, io vivo nelle terre di Verdi. Il dramma in cui si dibatte il Teatro Regio di Parma, una delle istituzioni culturali più blasonate del mondo per quel che riguarda il melodramma, è emblematico dello stato della cultura oggi in Italia. L'anno scorso nel cartellone del Regio ci sono state soltanto due opere, di livello modesto, e si è trattato comunque non di produzioni originali, ma di riadattamenti di allestimenti già presentati al pubblico negli anni passati. Il resto dei teatri d'opera italiani temo si trovi in situazioni analoghe, anche se non così drammatiche. Nella prima parte di questa "considerazione" ho volutamente calcato l'attenzione sull'età delle persone coinvolte nel progetto; anche il direttore di Glyndebourne, di cui non so il nome e che è comparso fugacemente nella prima puntata del documentario della Bbc, dimostrava una quarantina d'anni. Pensate all'età media di direttori di teatri, registi, direttori d'orchestra che lavorano in Italia e vedrete immediatamente una differenza. Come ho già scritto io non sono un "novatore" sempre e comunque, penso che in ogni campo sia necessaria l'esperienza e la capacità di chi da anni lavora in quel campo come la carica di novità che possono portare i giovani: in Italia spesso mancano l'una e l'altra, a favore di una mediocrità che purtroppo non ha connotazioni anagrafiche.
Il progetto portato avanti da Glyndebourne, sostenuto finanziariamente dal governo inglese, "pubblicizzato" attraverso una trasmissione popolare della Bbc - i programmi di Malone sono del genere reality, per quanto ben fatti, e non programmi cult per melomani relegati in orari notturni - ha molti meriti, ma soprattutto quello di provare ad educare un pubblico. Probabilmente nessuno dei cinquanta ragazzi del coro diventerà un "divo" della lirica - o almeno a nessuno di loro è stata data questa speranza, anche a chi è emerso per innegabili doti vocali - ma certamente tutti diventeranno ascoltatori più consapevoli di un genere musicale complesso. E' stata offerta la possibilità di salire sul palco di Glyndebourne da protagonisti a cinquanta ragazzi che da spettatori non avrebbero mai messo piede in quel teatro, perché in quel paese - forse ancora più che da noi - ci sono forti differenze di classe. In Italia dove questa differenza di classe è oggettivamente meno visibile, l'esclusione dall'accesso a certi eventi culturali è essenzialmente determinata dai costi proibitivi dei biglietti.
Se leggessi in maniera esclusivamente politica la storia di Glyndebourne sarebbe una bella metafora di cosa dovrebbe fare la sinistra, ma guardandola semplicemente per quello che è, si tratta della possibilità di fare cultura in un modo diverso. Ecco se dovessi chiedere qualcosa al prossimo ministro della cultura di un governo di centrosinistra, gli chiederei di istituire dei dipartimenti educazione nei teatri d'opera italiani e di tentare un'operazione simile a quella fatta a Glyndebourne. Sono convinto che i professionisti in grado di fare queste cose ci siano in Italia, come ci sono in Gran Bretagna e, con un po' di impegno, si potrebbero trovare anche i soldi, magari risparmiando un po' su certi progetti faraoinici in cui sono coinvolti i "soliti noti". Se poi qualche "tecnico" volesse prendersi la briga di fare due conti, pensate alla potenzialità economica e turistica che potrebbe avere per il nostro paese un rilancio a questi livelli della musica lirica, un patrimonio per cui siamo conosciuti in tutto il mondo, un'eredità enorme che abbiamo ricevuto e che abbiamo via via dilapidato. Magari sarebbe un modo un po' più sensato di celebrare il bicentenario del Cigno di Busseto e forse a quel "rivoluzionario" di Verdi potrebbe anche far piacere.

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