Considerazioni sullo spending della Difesa

Creato il 11 gennaio 2012 da Laventino

Leggendo un articolo sull’edizione web del Fatto ho avuto spunto per riprendere un ragionamento che fondamentalmente spacca l’Italia in piu’ tronconi, ciascuno con i propri interessi: in periodo di crisi cosa siamo disposti a sacrificare?

Tagli alla sanità? Ai sostegni alle famiglie, alle pensioni? Agli ammortizzatori sociali? Oppure alla Difesa?

“Di pancia” vi direi partiamo per l’ultima, per i seguenti motivi:

1- Risparmio immediato (blocco di aggiornamenti, acquisti, espansioni).
2- Reinvestimento in attività sociali.
3- Riposizionamento dell’Italia nello scacchiere dei “BIG” – inutile continuare a fare la voce grossa quando il PIL langue.
4- Maggiori investimenti per la ricerca ad usi civili.

Ma… sono settori redditizi al momento?

Usiamo un minimo d’approccio critico:

Dal rapporto annuale redato dalla PdcM, otteniamo i dati dell’Export 2010:

I valori riscontrati nel 2010, in termini numerici globali necessitano di una analisi specifica, in particolare si evidenzia il valore delle esportazioni definitive, per le quali è previsto il corrispettivo regolamento finanziario, pari a 2.906.288.705,85 (4.914.056.415,83) € (Tabella 1) ed un importo di autorizzazioni relative ai Programmi Intergovernativi pari a 345.430.573,38 (1.820.999.702,61) €.

Quindi esportiamo tre Miliardi di euro, che nel 2009 erano quasi cinque. Ovviamente vi sarà poi un valore enorme in contratti pluriennali di assistenza, ammodernamento, e tutto l’indotto che si viene a generare con le conseguenti ricadute economiche.

Quali alternative a questo business? Quali ricadute per il sistema difesa in caso di decomissioning del budget?

A voi le risposte

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