Consigli di lettura per l'estate

Creato il 14 agosto 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da romina

Letture per l’estate, fresche e leggere come un tuffo in un mare trasparente: missione difficile, ma non impossibile. Difficile perché in genere i miei gusti si orientano verso storie nere e piuttosto macabre; non impossibile a patto di considerare una premessa: un libro leggero non è un libro sciocco. Combinando gusti e atmosfere, vorrei consigliarvi quattro titoli accomunati non tanto dalla tematica  potrebbe sembrare una guida piuttosto schizofrenica, a dire la verità  quanto dalla loro capacità di proiettarci in isole dove l’estate è innanzitutto un luogo dell’anima. Sono libri leggeri, nel senso che si leggono d’un fiato, ma che fanno pensare, sognare, ricordare e anche riflettere.

Se stai trascorrendo la tua estate in città, sognando le foreste e il fresco dell’Alaska, se tutti gli amici ti hanno tirato il pacco e la compagnia del tuo cane non ti basta più, se sei un fan di licantropi alla Twilight… mai pensato di fare un po’ di allenamento con un…cucciolo di lupoNon è un gioco da ragazzi, ma è quello che si trova ad affrontare Mark, giovane docente di filosofia di un’università americana. Una storia vera, che commuove e fa riflettere.


Il lupo e il filosofo di Mark Rowlands. Edito da Mondadori, 2009 Pagine 228 Euro 18,50 Trama: Mark Rowlands, giovane e inquieto docente di filosofia, legge per caso su un giornale una singolare inserzione, si incuriosisce e risponde. Qualche ora dopo è il padrone felice di un cucciolo di lupo, a cui dà nome Brenin ("re" in gallese antico). Per undici anni, sarà lui la presenza più importante nella vita del professore, che seguirà ovunque: assisterà alle sue lezioni acciambellato sotto la cattedra, incurante degli iniziali timori e del successivo entusiasmo degli studenti, ne condividerà avventure, gioie e dolori, lo accompagnerà nei suoi spostamenti dall'America all'Irlanda alla Francia, dove Mark si trasferisce dopo aver troncato quasi ogni legame con i suoi simili. E sarà, soprattutto, una fonte continua di spunti di riflessione e idee filosofiche perché, contrariamente allo stereotipo che ne fa un emblema del male, della ferocia, del lato oscuro dell'umanità, il lupo è per Rowlands metafora di luce e di verità, la guida per un viaggio interiore alla scoperta della propria più intima e segreta identità: "Il lupo è la radura dell'anima umana ... svela ciò che rimane nascosto nelle storie che raccontiamo su noi stessi". La sua natura selvaggia e indomabile, infatti, rivela a chi gli sta accanto un modo di vivere e di fare esperienza del mondo non solo radicalmente diverso da quello degli uomini, ma forse anche più autentico e appagante perché immune da doppi fini, da ogni atteggiamento di calcolo e manipolazione.

Una motivazione per leggerlo? Ve ne offro due:

Credo di aver capito perché ho amato Brenin così tanto e perché sento così dolorosamente la sua mancanza, adesso che non c’è più. Lui mi ha insegnato una cosa che non avrei mai appreso con i mezzi dell’istruzione ufficiale, cioè che in una qualche antica parte della mia anima viveva ancora un lupo.”
"Ma se l'arte del lupo era qualcosa che non potevo emulare, sotto c'era qualcos'altro: una forza a cui potevo almeno tentare di avvicinarmi. La scimmia che sono è una creatura goffa e sgraziata specializzata in debolezza, una debolezza che crea negli altri e una debolezza da cui in ultima analisi è affetta. È questa debolezza che permette al male  al male morale  di prendere piede nel mondo. L'arte del lupo è fondata sulla sua forza. Un giorno portai come al solito Brenin con me all'allenamento di rugby. Aveva circa due mesi ed era il periodo un cui aveva preso l'abitudine di tormentare Rugger, al quale non era per niente simpatico. Dopo un po' Rugger perse la pazienza, afferrò Brenin per il collo e lo inchiodò a terra. Va ascritto a suo grande merito il fatto di essersi limitato a questo. Avrebbe potuto spezzare il piccolo collo di Brenin come un ramoscello. Perfino un pit bull può superare l'esame di Kundera. Ma è stata la reazione di Brenin quella che mi rimarrà per sempre dentro. La maggior parte dei cuccioli si sarebbe messa a guaire per lo shock e il terrore. Brenin ringhiò. E non era il brontolio di un cucciolo, ma un ringhio profondo, calmo e sonoro in contrasto con la sua tenera età. Questa è forza. Ed è questo che ho sempre cercato di portare con me e che spero di portare con me per sempre. In quanto scimmia, non sarò all'altezza, ma ho l'obbligo, l'obbligo morale, di non dimenticarlo mai e di emularlo per quanto mi è possibile [...] nei miei momenti migliori sono un cucciolo di lupo e ringhio la mia sfida al pit bull che mi ha inchiodato a terra. Il mio ringhio è riconoscere il fatto che sta per arrivare il dolore, perché il dolore è la natura della vita. È ammettere che sono solo un cucciolo e che, in qualsiasi momento, il pitbull della vita puòspezzarmi il collo come un ramoscello. Ma è anche l'espressione della mia volontà di non cedere, succeda quel che succeda."

Philippa Gregory è una certezza, per gli amanti del romanzo storico e per chi, semplicemente, vuole conoscere la storia inglese dribblando noiosissimi manuali pesanti come macigni. Consiglierei tutti i suoi libri, ma questo in particolare ha un sapore più estivo e un’ambientazione lievemente differente da quella a cui ci ha abituati la Gregory.  Abbandonate le nebbie inglesi e i cupi castelli che all’occorrenza si fanno prigioni, Caterina la prima moglie ci consente di viaggiare nelle calde terre di Spagna per scoprire le radici di una cultura, quella araba  verso la quale noi europei siamo profondamente debitori  al seguito di una regina guerriera, Isabella di Castiglia, famosa per la cacciata dei mori dalle sue terre (salvo scoprire poi che lei stessa ne rispettava profondamente le millenarie conoscenze, la sapienza medica, tanto da circondarsi di dottori arabi e godere di magnifiche residenze orientaleggianti).
Caterina la prima moglie di Philippa Gregory. Edito da Sperling&Kupfer, 2009 Pag. 532 Euro 20,90 Trama: Caterina d'Aragona è l'Infanta di Spagna, i suoi genitori sono i potenti Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, sovrani e crociati. A tre anni viene promessa al principe Arturo, figlio ed erede di Enrico VII d'Inghilterra, ed educata per diventare principessa del Galles. Lei sa che il suo destino è quello di reggere quel lontano, umido e freddo Paese. La sua certezza tuttavia vacilla quando, giunta nella nuova terra, è accolta dal futuro suocero con un grave insulto. Arturo sembra poco più di un ragazzo, il cibo è strano e gli usi e costumi sono rozzi in confronto alle raffinatezze della Spagna. Piano piano, però, Caterina si adatta alla prima corte Tudor e la vita al fianco di Arturo si fa più sopportabile. Anzi, inaspettatamente, da questo matrimonio combinato sboccia un amore tenero e pieno di passione. Quando il principe muore, Caterina deve ridisegnare il proprio futuro: come può ora diventare regina e fondare una dinastia? Solo sposando il giovanissimo fratello di Arturo, il solare ma viziato Enrico. La famiglia reale inglese è contraria a queste nozze, tanto più che Enrico VII si è invaghito di lei. Caterina però è la degna figlia di Isabella e il suo spirito battagliero è indomito. Per quanto sola e osteggiata, farà di tutto per raggiungere il proprio scopo: anche se ciò significherà pronunciare la menzogna più grande di tutte e restarvi fedele a qualsiasi prezzo.

Spiaggia, lo sciabordio delle onde, il sole che brucia la pelle, una bibita rinfrescante… che ne dite di condire il tutto con un tocco nero alla Lansdale? Giusto per non annoiarsi e trovare il piacere di un brivido. Qualche motivazione per leggerlo se non siete ancora convinti? Perché, per dirla con le parole di Nicolò Ammaniti“consiglierei a un analfabeta di imparare a leggere solo per poter conoscere Lansdale”.
Mucho Mojo di J. R. Lansdale Edito da Einaudi, 2007 Pag281 Euro 13,00 Trama: Lo hanno soprannominato "Mojo storyteller" dal titolo di questo libro. "Mojo" è un po' di magia nera con una spruzzata di sesso, ma nella miscela Lansdale c'è anche parecchio horror e l'umorismo non manca mai. Qui c'è perfino lo scheletro di un bambino sepolto sotto il pavimento... Ma andiamo con ordine. Dopo essersi ripresi da una losca disavventura, Hap Collins e Leonard Rine sono tornati alla loro vita di sempre, fatta di lavoretti, ozio e birre ghiacciate. Ma tutto cambia quando uno zio di Leonard muore e lascia il nipote erede di una casa fatiscente e di centomila dollari in contanti. I due si trasferiscono nell'antica dimora e decidono di ristrutturarla per rivenderla a un prezzo ragionevole, ma ben presto fanno la macabra scoperta della creatura sotto le assi. Con l'aiuto non sempre compiaciuto di due poliziotti e il sostegno di una bella avvocatessa di colore, Hap e Leonard scoprono una realtà ancor più agghiacciante: sono ormai dieci anni che, nel mese di agosto, scompare dal quartiere un bambino di colore, povero e figlio illegittimo, spesso di una prostituta. E gli indizi raccolti dai due investigatori sembrano convergere verso personaggi influenti della comunità, i classici insospettabili.
Il caldo e le vacanze ci fanno venire voglia di spogliarci dei fagotti dell’inverno e cambiare pelle portando una ventata di aria fresca nel nostro guardaroba. E se l’abito facesse davvero il monaco? Una motivazione in più? Perché dopo averlo letto, non guarderete più il vostro armadio nello stesso modo…
33 scrittrici raccontano. Seconda pelle. Quando le donne si vestono, Autori vari Edito Feltrinelli – Universale Economica, 2001 Pag.192 Euro 7 Trama: Qui non si parla di moda, ma di vestiti. E sono le donne a parlarne. Donne scrittrici di tutto il mondo, 33 donne di culture diverse che raccontano a partire dai vestiti. Basta un solo capo di abbigliamento per destare memorie, identità negate o ritrovate, sentimenti d'amore o di rabbia, stagioni dell'esistenza. Il vestito copre e scopre. Nasconde il corpo e lo rivela. Dice. Comunica. E diventa un punto sostanziale della storia, della cultura, della sessualità. È un rito e un racconto. Sciarpe, cappelli, biancheria intima, gonne, calze, eleganti abiti da sera: nulla manca in questa sfilata di capi unici, come unica è la memoria che li evoca. Indumenti come rito di passaggio, esplorati nel loro legame con la sessualità o la politica, nel loro rapporto con la storia, visti come specchio delle intricate relazioni madre-figlia.


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