Consigli natalizi: AA VV - Natale in giallo, Massimo Tallone - L'amaro dell'immortalità, Lorenzo Papagna - Il Signore dei Gasepiu

Creato il 13 dicembre 2013 da Consolata @consolanza

Molti anni fa, mio nipote Antonio, ora stimato geologo e padre di famiglia, allora noto per l’immortale domanda “Quand’è già che si fa merenda? Mattina o pomeriggio?”, aveva imparato all’asilo una poesia natalizia: È natale, è Natale, è la festa dei bambini. Non so come continuasse e non lo sapeva neppure lui, ma non me la sono più dimenticata. Così, visto che a Natale si torna bambini si può anche concedersi un po’ di autoindulgenza. Niente mattonazzi né cose troppo serie o ricercate, ma invece di buttarmi sui cri-cri o il torrone, mi sono tuffata in una succulenta antologia. Gialli di Natale è una delle moltissime antologie tematiche che Einaudi sforna perché io possa soddisfare la mia vergognosa passione senza danni, in quanto si tratta di raccolte mediamente dignitose, spessissimo occasione di trouvailles preziose, a prezzo abbastanza contenuto e soprattutto con la copertina flessibile, quindi facili da leggere in cartaceo senza massacrarsi polsi e braccia. Questa particolare raccolta, con prefazione di Margherita Oggero, è del tutto pretestuosa per quel che riguarda il tema, veramente tirato per i capelli nella maggior parte dei racconti, giusto un riferimento temporale che non ha alcun spessore nelle vicende. Ma tant’è. Anche la scelta è abbastanza strana, mescolando i massimi numi del poliziesco con sconosciuti e addirittura inserendo Thomas Hardy accanto all’unica vivente, una dimenticabilissima e superflua Fred Vargas. Un gran divertimento è ritrovare Rex Stout in una storia complicatissima e sufficientemente assurda, un impeccabile Conan Doyle con una strepitosa esibizione di Sherlock Holmes in grandissima forma, Ellery Queen capzioso come ci si aspetta, Agatha Christie come sempre la più perfida e sottile, con Miss Marple che rimesta nel torbido in cui si trova così a suo agio, G.K. Chesterton che si sforza di rendere credibile una storia assolutamente demente. Non mancano racconti che stanno sul crinale tra il giallo e la storia di fantasmi, come quello di Fergus Hume, e soprattutto quello di Amelia B. Edwards, che conferma quanto la ferrovia abbia stimolato nell’immaginario inglese storie di mistero. Per altri, di Hardy appunto o di Erckmann-Chatrian, è veramente difficile usare l’etichetta di racconto giallo. In tutte, tranne Vargas, circola un'incantevole aria rétro, sia che ci si trovi a Manhattan, a Heidelberg o nella classica magione di campagna inglese Traduzioni di AAVV. Per me, che come ripeto ad nauseam adoro racconti e antologie, una lettura divertentissima e altrettanto gratificante di molte fette di panettone. Vivissimamente raccomandata. E siccome a Natale siamo tutti più buoni, persino io, continuo a segnalare due libri divertentissimi, veloci, direi festivi. Ottimi anche quando si è mangiato troppo e si ha bisogno di un po’ di sostegno e allegria. Il primo è L’amaro dell’immortalità. Le metamorfosi del Cardo, ottava (mi pare) avventura dell’ignobile e irresistibile eroe che vive in una cascina di Stupinigi tra grandi bevute alla bocciofila e veloci incontri con Angela la prostituta. Ma questa volta ci sono molte novità, tra cui una davvero straordinaria: il Cardo è perdutamente innamorato, ma proprio sul serio, al punto che giunge a estremi tanto sconsiderati da mettersi a lavorare. Di qui un intreccio di quelli cui ci ha abituato Massimo Tallone, e di cui non vi dico niente. Questo non è uno spoiler ma un consiglio natalizio, quindi fidatevi di me. Come sempre il sornionissimo personaggio, schifido e ignorante, ci regala in realtà digressioni di filosofica saggezza sull’amore, sul vino, il dolore e qualsiasi argomento gli capiti a tiro; qui in aggiunta ci sono liriche descrizioni delle Langhe e i vigneti che le rendono belle e ricche, e del dolce Canavese. C’entra anche un amaro che dà l’immortalità, come si evince dal titolo, un pelato di nome Rombo, grossissimi guai in cui il Cardo si ritrova tutto solo, la costante di Planck e Pelizza da Volpedo, un elogio della fluitazione umana, ma queste sono cose che scoprirete da voi. Infine ecco Il Signore dei Gasepiu di Lorenzo Papagna (alias, ho appreso dalla quarta di copertina, Gian Lurens ed San Salvari) esilarante divertissement in cui su una veloce parodia di Il Signore degli Anelli sono incastonati (e brillano come gemme, vi assicuro) nomi dei più fantasiosi e filologicamente ineccepibili che occhio piemontese abbia mai letto. Chi non si innamorerebbe della principessa Pupe d’Or, non si affiderebbe alla spada di Fol Mènamica, non chiederebbe lumi alla veggente Masmiava (questo è un colpo di genio!) e aiuto al mago Ciamlu Fol?E questo è solo un assaggio. Certo, se non proprio di San Salvario bisogna essere almeno piemontesi, meglio ancora torinesi e un po’ di barriera, avere frequentato piole e qualche bigliardo fumoso, ma per chi non è ferratissimo c’è un paratesto d’eccezione: elenco di personaggi e luoghi, alberi genealogici e cartine per facilitare al lettore la strada nella Terra dei Gasepiu. Si scatena anche, nel lettore di lingua madre, un'euforia di competizione compilativa di nomi che potrebbero offrirsi, belli e pronti, per un secondo tomo. Dotta e arguta prefazione di Massimo Tallone. Datemi retta, cercatelo in libreria, o meglio ancora lasciatevi trovare. Io non l’ho cercato Il Signore dei Gasepiu, mi è venuto incontro lui: e forse si trattava di un avatar del famoso Tirtenabàla, libro magico dei Gadani.

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