A. Ligabue - autoritratto
con la motocicletta
- Che domande fa? Certo che sí.
- No, perché avrebbe tutti i diritti di sentirsi un po' scosso...
- Lei non si preoccupi e andiamo avanti. L'importante é che scriviamo tutto per bene.
- Certo, lo voglio anch'io.
- Allora ci metta che sono morto.
- Va bene. Se ci tiene proprio...
- Perché, non é forse vero?
- Non c'é ombra di dubbio! Non conosco nessuno piú morto di lei.
- Allora lo dobbiamo scrivere, non le pare?
- Ok, Ok. Guardi, lo mettiamo qui, nell'apposito spazio; "il conducente B é morto sul colpo"
- E no! A parte il linguaggio. Non si scrive "morto" su un verbale. Semmai "deceduto". Poi la fa facile lei. Magari fossi morto sul colpo. Invece ho avuto le mie belle sofferenze là sull'asfalto, mentre lei mi guardava come un ebete. Secondi, forse minuti. Lei non ha idea di cosa significhi...
- Mi spiace veramente, mi creda.
- Ci metta "il conducente B é deceduto al termine di una breve ma crudele...
- Sííí... "munito dei conforti religiosi ecc." Ma cosa crede? Non lo vede che spazio minuscolo abbiamo? "il cond. B dichiara di essere deceduto". Stop.
- Se crede. Del resto la penna ce l'ha lei.
- Per forza. Come fa lei a scrivere senza la mano destra? A proposito, sa dove é finita?
- Mah, credo che sia da qualche parte là nel campo. La gamba invece é rimasta senz'altro sotto la moto.
- Vuole che vada a prendergliele?
- Per farne cosa, mi scusi?
- Non lo so, forse avrebbe piacere di averle qui, vicine a lei.
- Sa che consolazione...
- Magari farà piacere ai suoi. Avere tutte le parti del suo corpo, voglio dire.
- I miei? E chi?
- Non ha una moglie?
- Due. Ex.
- Capisco. Figli?
- Uno. Credo che ora sia in America. Da anni non cerca né me né sua madre. Prima che me lo chieda, che vedo che ha il buongusto di insistere: i genitori sono morti, tutti e due.
- Mi scusi, non volevo, davvero.
- Andiamo avanti, allora.
- Sí. Per quanto riguarda la dinamica, siamo d'accordo, vero?
- Ahimé, non credo che ci sia molta da dire.
- Lo credo! E' uscito dallo stop senza guardare. Ma dove ce l'aveva la testa?
- Non mi faccia parlare...
- Va be', non sono fatti miei, in fondo
- Ecco, ora deve segnare il punto dell'impatto.
- Qua, all'altezza del faro destro. E qua...
- No, mi scusi. Perché ha segnato anche un punto sulla fiancata?
- Eh, beh... Forse di rimbalzo...
- No, no, me lo ricordo benissimo. C'é stato un solo colpo, netto. Nessun rimbalzo, assolutamente.
- Ma forse ...
- Insisto. Un solo punto. Davanti. Ma perché vuole metterci anche la fiancata?
- Ecco, in fondo, cosa le costa?
- Cosa vuol dire?
- Beh, sí, tanto per lei é uguale, no?
- Cioé?
- Mi sarebbe comodo, per l'assicurazione. C'é una bottarella... Potrei farla aggiustare, se lei non fa tanto il difficile.
- Ah, é cosí. Fa la cresta sull'assicurazione sulla pelle di un morto.
- Via, non la prenda in questo modo. La capisco, in fondo.
- Capirà anche, ma intanto ruba!
- Eh no! Non le permetto! Anche nel suo stato, che in fondo...
- In fondo, cosa?
- Beh, voglio dire, quasi si potrebbe dire che le ho fatto un piacere...
- Cioé?
- Me l'ha detto lei che comunque non era messo tanto bene... Voglio dire, non é che faceva una gran vita, da vivo.
- Oh bella!
- Ma sí, lo ammetta! La sua vita era un disastro. Lasciato da tutte le sue donne, dal figlio e con chissà quali altri dispiaceri... Problemi sul lavoro?
- Problemi "col" lavoro, direi. L'ho perso piú di tre mesi fa.
- Ah. Però se ne va a spasso su di una gran bella moto.
- Non é mia. Ogni tanto me la faccio prestare dal mio meccanico. Brava persona.
- E ora, se non fosse morto, avrebbe anche questo problema...
- Stop! Si fermi qui, che mi pare abbastanza. Abbastanza per definire quell'essere spregevole che ho avuto la sfortuna di incontrare mezz'ora fa!
- Ma...
- E stia zitto una buona volta! Farebbe un figura migliore, glielo assicuro. Mi fa la predica? Vuole giudicare come vivo?
- "vivevo". Sarebbe piú corretto...
- Non sottilizziamo, ora. La realtà é che anche lei...
- Anch'io cosa?
- Ma non se ne accorge di come é meschino? Ha cercato di approfittare della situazione, senza alcun scrupolo. E per non parlare di quello...
- Cosa c'ha contro la mia macchina?
- E la chiama macchina? Quello é un carro armato! Ma é possibile andare in giro con un affare cosí?
- Beh, ora non posso viaggiare su un Hammer?
- Sí, ci mancherebbe. Ma poi non si stupisca se quelli come me le ridono dietro, quando scende.
- E perché?
- Ma si vede quanto é tappo? E' ridicolmente sproporzionato al mezzo che guida. E uno pensa subito che lei ha bisogno di compensare. Una cosa del tipo "guardate come ce l'ho grosso". Patetico, mi creda.
- Ma la smetta! Parla come mia moglie...
- Ah, capisco.
- No che non capisce. Del resto c'é una bella differenza fra di noi.
- In che senso?
- Nel senso che io sono un imprenditore, un uomo di successo, mica un fallito come lei.
- Non mi dica...
- E invece le dico, caro mio! Ho un'azienda con piú di cento persone.
- E lei é il padrone?
- Sí, sono io. Mia moglie in verità, ma é quasi lo stesso.
- Comprendo. Quindi lei dirige l'azienda di sua moglie.
- Le do una mano, di tanto in tanto...
- Grande imprenditore davvero! Ma che bella personcina che é!
- Non mi giudichi cosí, sulla base delle apparenze. Anch'io ho le mie sofferenze, sà.
- Ah, soffre?
- Sí che soffro, cosa crede? Per lei, anche.
- Per me, davvero?
- Certo. Senso di colpa, non le pare?
- Lei ha sensi di colpa per l'incidente?
- Sí.
- Mah, non capisco. La colpa é mia, non sua.
- E' vero, ma...
- Ma...
- Ecco...
- Mi nasconde qualcosa?
- Vede, quando é sbucato dallo stop...
- Quando... Cosa?
- Io stavo rispondendo a un SMS.
- Ah! Un SMS...
- Sí.
- Quindi avrebbe potuto evitarmi, se fosse stato piú attento.
- E' probabile, temo.
- Ah!
- Mi dispiace, davvero.
- Me lo faccia vedere!
- Cosa?
- L'SMS, quello a cui stava rispondendo.
- Ma no!
- Insisto. Lo voglio vedere.
- E' proprio sicuro?
- Che fa, si vergogna?
- E va bene. Eccolo.
- "Peluscino mio..."
- ...
- E io sarei morto per un "peluscino", che poi non si scrive nemmeno cosí?
- Purtroppo...
- Eh, fa presto lei, tanto il morto qua sono io. Per un... "peluscino".
- Non so cosa dirle...
- No, una cosa me la può proprio dire. Chi é il "peluscino"? Sua moglie?
- Ehm, no...
- Via non faccia il timido, ora!
- E' una.
- La sua ganza, ho capito!
- Sí...
- E bravo il mio grande imprenditore che se ne va in giro con l'Hammer della moglie a mandare messaggi pomiciosi alla ganza. E pazienza se ammazza qualcuno.
- Oh, insomma! Io non sono quel tipo lí che dice lei.
- Ah no?
- Beh, forse sí un pochino. Ma anche lei...
- Io...
- Lei.
- Sa che le dico? Ha ragione. Ora che sono morto non mi va di continuare a illudermi. L'ho fatto per tutta la vita, sperando che arrivasse una botta di culo, prima o poi.
- E invece é arrivata la mia di botta.
- Eastto. Ma l'effetto, in fondo é lo stesso. Ho risolto tutti i miei problemi.
- Sa che quasi quasi la invidio?
- Boh, non lo so. Veda lei. Ma intanto vedo che ha finito di scrivere.
- Sí, non le resta che firmare qui. Stia attento a come muove il moncherino, però, che asperge di sangue ogni cosa.
- Ok. Farò con la sinistra.
- Bene, direi che siamo a posto.
- Sí. Ora mi aiuti a distendermi vicino alla moto, che stanno per arrivare i soccorsi.
- Venga, si appoggi a me.
- Grazie. Quasi mi dimenticavo di aver perso anche la gamba. Guardi! Non c'avevo fatto caso: il colpo ha portato via tutta la parte del muscolo e ha lasciato scoperto il femore. Ma non guarda? Le fa impressione?
- Un po'.
- Va be', non insisto. Mi appoggi pure qui.
- Ecco, é comodo?
- Sí, sono a posto. Però, che bel femore...
- Le piace?
- Molto. Chissà se...
- Se cosa?
- No, dicevo per dire. Ma se avessi saputo prima di avere un cosí bel femore, forse...
- Forse. Chi può dirlo?
- Già. Ma ormai. Addio.
- Addio...(questo racconto nasce da un'idea non mia. L'ho presa da un horror-movie che uscirà fra breve. Solo l'idea di base, il resto è farina del mio sacco)