La Corte Costituzionale ha giudicato parte inammissibile e parte non fondata la questione sollevata sul cosiddetto decreto Romani del 2010 che stabilisce che le pay-tv debbano tagliare gli spot pubblicitari rispettando dei tetti. A sollevarla era stato il Tar Lazio nel l'ambito di un procedimento tra Sky Italia, Autorità garante per le comunicazioni e Reti Televisive Italiane ipotizzando che la norma discriminasse le reti a pagamento.
Il decreto Romani prevede una serie di 'tettì agli spot graduati di anno in anno, stabilendo che una pay-tv poteva trasmettere pubblicità per massimo il 16% di un'ora nel 2010, per il 14% dal 2011 e per massimo il 12% a partire dal 2012. La vicenda finita davanti al Tar e poi alla Corte Costituzionale prende origine da un specifica circostanza: il 5 marzo 2011 Sky Sport in una sola ora mandò in onda 24 spot occupando oltre il 16% del tempo e il Garante per le Comunicazioni contestò una violazione del decreto Romani facendo scattare una multa. E Sky impugnò il provvedimento dell'Agcom di fronte al Tar. Il Tar prima investì della questione la Corte di Giustizia Ue (che nella sua sentenza stabilì che uno Stato possa imporre limiti alle tv rispetto alla pubblicità purchè conformi con le regole europee); poi investì della questione la Corte Costituzionale, di fronte alla quale si è costituita anche Rti, del gruppo Mediaset. Oggi è stata depositata la sentenza di cui è relatore il giudice Giuliano Amato, che ha invece confermato l'impianto della legge sottoposta al giudizio della Consulta.
"Il Tar - spiega l'avvocato Francesco Saverio Marini, che ha rappresentato Rti - ha giudicato inammissibile la questione sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione. Il Tar aveva chiesto la cancellazione di un intero comma del decreto Romani, ma la Corte Costituzionale spiega che se venisse meno quella norma o non ci sarebbero più tetti agli spot o si determinerebbe, questa volta sì, una discriminazione a rovescio" tra emittenti in chiaro e a pagamento. "Sull'altro aspetto contestato, cioè l'eccesso di delega - continua Marini - la Corte ha invece ritenuto infondata la questione. Questo sia perchè il governo era stato delegato a attuare tutte le modifiche ritenute opportune e questa formula dava ampi margini di manovra; sia perchè nella norma si è data attuazione a una serie di misure del diritto comunitario. Ora - conclude il legale - per effetto della sentenza della Consulta, la questione torna al Tar che, dovendola applicare, credo finirà per confermare la sanzione a Sky".
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