Therios ha una casa.
La città, mi dico, dove l’ombra quasi più deliziosa è della luce come sfavilla tutta nuova al mattino… asciuga il temporale stanotte, ride la mia gioia tornata accanto a me dopo un breve distacco. Asciuga al sole le sue contraddizioni*, torvo, già sul punto di cedere, ribatto. Ma la forma l’immagine il sembiante, d’angelo avrei detto in altri tempi, risorto accanto a me nella vetrina: Caro, mi dileggia apertamente, caro, con quella faccia di vacanza. E pensi alla città socialista? Ha vinto. E già mi sciolgo: Non arriverò a vederla, le rispondo. Non saremo più insieme, dovrei dire. Ma è giusto, fai bene a non badarmi se dico queste cose, se le dico per odio di qualcuno o rabbia per qualcosa. Ma credi all’altra cosa che si fa strada in me di tanto in tanto che in sé le altre include e le fa splendide, rara come questa mattina di settembre… giusto di te tra me parlavo: della gioia. Mi prende sottobraccio. Non è vero che è rara, mi correggo, c’è, la si porta come una ferita per le strade abbaglianti. E’ quest’ora di settembre in me repressa per tutto un anno, è la volpe rubata che il ragazzo celava sotto i panni e il fianco gli straziava, un’arma che si reca con abuso, fuori dal breve sogno di una vacanza. Potrei con questa uccidere, con la sola gioia… Ma dove sei, dove ti sei mai persa? E’ a questo che penso se qualcuno mi parla di rivoluzione dico alla vetrina ritornata deserta.
INDOVINA L’INDOVINELLO:
CHI HA SCRITTO
QUESTO PEZZO?
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MENDICO ETERNO
Solo lui t’avvicina che ha dimora nei cieli.
Daino d’oriente crede l’occhio d’ebano tuo
chi sostiene il suo sguardo, d’ambra leggiadra falce.
Nella nicchia del ciglio curva prega la luna
bianca lucente china.
Gridano disperati, per invidia dell’erba
umile ai piedi tuoi, le rose e i gelsomini.
Se mi chiami col nome mio che vuol dire Eterno,
è un essere meschino, un vile mendicante,
che a te dinanzi appare.
-Baqi-
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*DALLE CONTRADDIZIONI IL FRUTTO DI NUOVE VERITA’ (renzomazzetti).
le colombe di Guttuso.
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