Da piccolo mi vergognavo anche di quelle cose in cui riuscivo bene, come la scuola o a calcio. Andavo a scuola calcio, tra l'altro. Dall'età di 5 anni. Mi facevo un mazzo così tutti i giorni a tirare palloni contro un muro, che molti pensano sia una cosa assurda e inutile tirare dei palloni ad un muro quando hai dei compagni di gioco, e invece secondo me è la base di ogni giovane calciatore. Ci passavo mezz'ore intere a far rimbalzare la palla contro il muro, col destro e col sinistro, alternati, destro e sinistro, io che sono mancino, destro e sinistro, con la palla che a volte rimbalzava irregolarmente, a causa delle pietre più grandi che sporgevano dal terreno del campetto di allenamento, destro e sinistro, come i pugili.
E poi, fatto questo, tutti a palleggiare e a contare i palleggi consecutivi, come una gara contro sè stessi. Un giorno il mister ci chiama e ci chiede di dire ad alta voce quanti palleggi consecutivi eravamo riusciti a totalizzare, la media dei miei compagni era trenta, io più di centoventi. Quando l'ho detto al mister hanno riso tutti, ed è stata una delle volte che mi sono più vergognato nella mia vita di ragazzino.