La sedicesima giornata di andata ha proposto un anticipo che brilla di un sapore diverso. L'odore del senso ultimo del gioco del pallone. L'essenziale, stavolta, risulta più che visibile all'occhio dell'uomo. I giallorossi e i viola vantano il miglior progetto di design di questa Serie A. Due sistemi diversi, ma allo stesso tempo affascinanti.
Il 4-2 sviluppatosi nel corso dei 90 minuti ha rallegrato come una fiaba di Hans Christian Anderson. Con la differenza che la morale non andava cercata alla fine, ma durante la partita stessa. È stato il calcio espressionista, nella tela prestabilita: spensierato, emozionante, travolgente.
La pennellata viola Il club allenato da Vincenzo Montella si presenta sul campo con un 3-5-2 atipico, nel senso che l'attacco svolge un ruolo funzionale all'efficacia del centrocampo. Solitamente una delle due punte si abbassa leggermente in quella che gli inglesi definiscono "drop down", per favorire l'avanzata della mezzala. La logica è quella di 'esborsare' il flusso difensivo, per riprendersi la zona lasciata.
La Fiorentina fonda la sua idea sulla tenuta del pallone. Un possesso, però, che è ben preciso. L'azione comincia dal portiere, che lascia la palla a Gonzalo Rodriguez. Facundo Roncaglia e Stefan Savic, dopo essersi allargati per la ricezione, proseguono il passaggio al laterale di metà campo. In questo modo, la squadra avversaria, concentrandosi sull'appoggio esterno, lascia disattenta la linea centrale. Ecco che il laterale viola affida la sfera a uno tra Borja Valero e Alberto Aquilani (dipende dalla zona) per poi consegnare il tutto a Claudio Pizarro (a Roma assente).
È qui che inizia a prender corpo la Fiorentina. Un palleggio che si identifica successivamente a questo 'rito introduttivo'. A Roma, sono mancati giocatori centrali. Stefan Jovetic e il giá citato Claudio Pizarro. Il cambio sostitutivo di Ruben Olivera è durato 45 minuti. Così come la posizione più avanzata di Juan Cuadrado. Nel secondo tempo Mounir El Hamdaoui ha trovato il suo terzo centro fuori casa.
Come sempre positiva la qualitá di Borja Valero, che però ha bisogno di un appoggio nello scambio, per esaltare il suo potenziale. Nella partita è mancato l'uomo che evolve i singoli. Fra questi dovrebbe esserci anche Matias Fernandez: l'artista, il cui talento lo rapisce in lunghe estasi, come Gustave Moreaut. Ma germoglierà a breve.
La Roma capitale 'Asfaltare' é un termine da soppesare, soprattutto nello scritto. Questa volta, però, l'eccezione è doverosa. Giallorossi dominatori indiscussi. La squadra di Zdenek Zeman sta trovando il compimento della sua fisiologia. Il gioco è identico dalla prima giornata, ma ora il ritmo e il collaudo si sono limati visibilmente. Un undici di temperamento e di qualità, che non lascia sfilacciamenti tra i reparti, e conduce per intero la partita.
Partendo da dietro, Leandro Castan e Marquinhos rappresentano la stessa garanzia che il tabacco costituiva per George Simenon. Con una qualità indiscussa: la lettura della situazione. Vero che Castan ha più piede, e che il giovane brasiliano è velocissimo nel recupero; ma entrambi lavorano di reparto con un'intelligenza tale che deriva principalmente dal talento. Panagiotis Tachtsidis va solo aspettato. Ha tutto per stabilirsi come giocatore di rilievo: fisico, autorevolezza, tocco rapido, colpo di testa. Ancora molto impreciso e talvolta 'ingenuo'. Ma è potente e determinato. La Roma propone con costante iniziativa i centrocampisti dentro l'area. E l'uomo che ha capito meglio degli altri come farlo, è l'americano Micheal Bradley. Giocatore dalla flessibilità mentale spiccata, che gli permette di comprendere senza troppi richiami, i doveri a lui imposti. Ha sbagliato spesso l'ultimo tocco, ma è il pilastro strutturale che identifica l'idea del maestro boemo.
Ad oggi, insostituibile. Miralem Pjanic, invece, fenomenale. Una qualità di piede eccessiva, che in questo caso, supera il concetto di eccellenza. Non ha un baricentro per macinare troppi chilometri. Possiede, però, una tecnica che aggiunge valore ad ogni giocata della sua squadra. In un contesto nel quale Francesco Totti veste l'armatura del più longevo dei gladiatori, non resta che perseverare nella conquista di un qualcosa. Non ancora definito, ma sicuramente di prestigio.
Paradossalmente, Daniele De Rossi non sta mancando a questa squadra. Il nazionale italiano, indiscutibile nell'efficacia del suo temperamento, resta un mediano. Di lusso, sia chiaro, ma pur sempre un mediano. Si sa, che quello è un ruolo di forza additiva e non di stravolgimento.
Tommaso Fasoli