Solitamente ciò accadeva durante l’inverno quando tutta la famiglia il dopocena si riuniva attorno al focolare (da qui il nome, “racconti da caminetto”) un luogo che emanava luce e calore in netto contrasto con i restanti ambienti domestici, avvolti dal freddo e dai giochi di ombre creati da candele e steariche.
Era questo contrasto a creare un atmosfera particolare ed affascinante, che favoriva la narrazione di storie e racconti di ogni tipo che ben servivano a far trascorrere le ore in modo piacevole, in un periodo in cui non esistevano le distrazioni moderne come televisione, computer e quant’altro. Ma non solo le lunghe notti invernali fungevano da scenografia efficace alla narrazione di tali racconti (sebbene fosse la più suggestiva tanto che da essa ne derivò il nome). Queste storie venivano poi riproposte anche in molti altri periodi dell’anno, ed in particolare durante le afose notti estive quando più famiglie uscivano dalle loro dimore per godere della frescura notturna e spesso formavano dei consistenti gruppetti lungo le vie a malapena rischiarate dalla luce delle stelle o della luna.
Da bambino ho avuto la fortuna di poter toccare anche se per poco l’atmosfera che si creava in queste situazioni, soprattutto nei soggiorni in un villaggio rurale distante alcuni chilometri dal mio paese, un luogo caratteristico e particolare come del resto molti altri della Sardegna.
I contos de forredda in realtà non avevano tutti le stesse peculiarità benché si tenda ad accomunarli tutti assieme in un'unica categoria. Alcuni di essi erano una sorta di favolette totalmente inventate, altri si richiamavano a leggende antichissime, ed altri ancora, quelli che poi mi hanno ispirato per questa raccolta di racconti, si presentavano invece come episodi realmente accaduti, i cui protagonisti erano se non gli stessi narratori, comunque persone del paese, che si erano trovate a vivere situazioni particolari, che avevano lasciato tracce indelebili nei ricordi delle persone. In poche parole si tratta di quelle tipiche esperienze con risvolti, almeno all’apparenza, sovrannaturali, su cui tuttora si divide il giudizio tra chi li ritiene frutto dell’immaginazione, o tutt’al più, di circostanze puramente casuali e chi invece ci crede realmente.
Di tali esperienze si sente parlare anche ora, da tanti che affermano di averle vissute qualche volte nella vita. Quel che però accadeva nei tempi passati era che questo tipo di racconti, acquisivano grazie alla grande abilità dei narranti e all’atmosfera in cui venivano raccontati quel tipico sentore di storia gotica di fine ottocento che a me ricordava le tipiche trame di Edgar Allan Poe e di H. P. Lovecraft, a cui però faceva da sfondo in questo caso, la tradizione arcaica e agreste dell’isola.
Ed io nello scrivere questi racconti ho cercato di ricreare per l’appunto l’atmosfera e la dura vita rurale e arcaica di quei tempi passati, amalgamando tutto ciò con gli intrecci sinistri delle vicende che fanno da filo conduttore a tutta l’opera.
Il nome della raccolta è lo stesso con cui spesso vengono oggi ricordati con un po’ di nostalgia quei racconti: “Contusu antigusu”! Storie di un lontano passato!
Attraverso questi racconti ho cercato di far evincere un aspetto che solitamente nelle tante descrizioni e nei tanti racconti che si riferivano alla vita e alla società sarda dei tempi passati, descritta attraverso il duro lavoro delle campagne, non è stato mai ben sottolineato.
Ovvero l'aspetto magico e fatato della vita e del mondo dei nostri nonni, per i quali sovrannaturale e reale parevano non avere limiti ben definiti.
Riporto l'esempio che feci durante la presentazione che si è tenuta nel mio paese (Cabras). Una mia zia anziana, una volta mi diede delle dritte sul come mi sarei dovuto comportare qualora avessi incontrato uno spettro in campagna, che mostrandomi degli oggetti d'oro mi invitava ad avvicinarsi a lui. "Anzitutto cerca sempre di tenere in tasca un fazzoletto benedetto" mi disse "poi lancialo verso di lui, vedrai che sparirà. Quindi avvicinati e dai fuoco al fazzoletto senza toccarlo. Poi scava sotto quel punto e vedrai che li si trova qualcosa di prezioso".
La cosa sorprendente era il sentirla dare delle istruzioni sul come comportarsi in caso di "apparizione di spettro" E lo faceva come stesse dicendo la cosa più naturale del mondo, come se oggi un medico ti mettesse in guardia sul come comportarti in caso ti punga una vespa! Nel suo mondo gli spettri (assieme a tutto un altro campionario di situazioni sovrannaturali) erano componenti altrettanto reali e tangibili delle vespe. E parlava di loro come se stesse parlando della cosa più ovvia del mondo.
Ma ripeto non era solo lei. Ho avuto la fortuna da bambino di essere immerso in un mondo dove tutte le persone non avevano dubbi sulla reale consistenza di quei fenomeni sovrannaturali che nel loro immaginario appartenevano comunque al quotidiano vivere. E attraverso le loro storie e le loro convinzioni, quel mondo che stava al confine tra il materiale e il trascendentale pareva assumere una consistenza reale agli occhi di un bambino. Era quello a mio avviso, un aspetto molto importante del mondo in cui vivevano i nostri nonni, che era ormai prossimo alla scomparsa nel periodo in cui io sono nato, ma che comunque ho potuto almeno percepire attraverso di loro.
Un mondo che comunque ricordo con tanta nostalgia ed affetto e che attraverso questi racconti ho cercato di descrivere.
Mauro Mura