21 agosto 2013 di Redazione
di Paolo Rausa
Circolo del Partito Democratico, Campo dei Fiori, la foto di Aldo Moro campeggia sulla parete, a dialogare con i protagonisti del grande PCI, Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer, di fronte. La prospettiva politica di una collaborazione, pur nel rispetto delle storie politiche e ideologiche della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista, trovava nella formula inedita e paradossale delle “convergenze parallele” la possibilità di superamento della guerra fredda e della esclusione dal potere della sinistra comunista. “Me sta bene. Po’ restà!” – il segretario del circolo guardò Andrea tra il divertito e lo sbigottito, sollevando lo sguardo dal giornale. Non poteva immaginare che dietro quella affermazione c’era un percorso di accettazione e di evoluzione personale, affettiva e politica della sua storia e della sua generazione che dal ‘68, attraverso dibattiti, manifestazioni, scontri e lotta armata, aveva cercato di sovvertire lo stato di cose presenti, con le armi dell’ironia, del sorriso, del “vogliamo tutto”, del “vietato vietare”, per una società senza sfruttati e sfruttatori. L’utopia al potere! La visione e la pratica del collettivo assumevano la funzione di bussola dei comportamenti in tutti i luoghi frequentati, le fabbriche, le scuole, i centri sociali e gli happening all’aria aperta, all’insegna della pace, dell’amore e della musica. A partire da questi contenuti si sviluppa in Italia un movimento di idee, una nuova concezione di vita e di arte attraverso la rivisitazione degli strumenti tradizionali della comunicazione e la rigenerazione dei linguaggi artistici, che rompono con le esperienze precedenti. Sorgono i nuovi movimenti di Arte Povera, Arte Processuale, Minimal, Body Art, Fluxus, il Radical Design, mentre l’architettura rinuncia alla pratica professionale a favore di un progetto utopico, dapprima non violento, di ispirazione gandhiana, poi con esiti drammatici per l’irrompere sulla scena delle formazioni combattenti. Il pensiero “antagonista” produce l’ala creativa della “Controcultura” e introduce nell’arte e nella società civile le nuove suggestioni della musica, della grafica, del fumetto, dell’uso del corpo e della sessualità. L’artista non accetta più deleghe e l’opera d’arte è azione che coinvolge gli spettatori. Arte e società si contaminano al fine di favorire il coinvolgimento diretto delle componenti sociali nella produzione di opere e di conoscenza, rendendo possibile attraverso performance in diretta l’affermazione di un nuovo diritto sociale a conoscere, inventare e produrre, cioè non essere solo consumatori riverenti. Da questi contenuti parte il bel romanzo di Andrea Edoardo Visone, classe 1951, romano de’ Roma, autore di articoli, saggi storici e del romanzo ‘Si era fatta sera’. La frequentazione con la casa del Presidente Aldo Moro lo mette in contatto con la sensibilità umana e politica di uno dei più significativi e tragici esponenti del mondo politico italiano, rapito e ucciso con la sua scorta dopo alcuni mesi di prigionia nel 1978. L’ampia biblioteca dello statista Moro testimonia l’interesse per la cultura, il diritto, le scienze e le religioni. “Ricordati solo quando esci di spegnere la luce e di chiudere la porta” – le uniche raccomandazioni della figlia del Presidente, quando Andrea si soffermava incantato a scorrere i titoli infiniti di quei volumi. Casa Moro era così: semplice e disponibile. A lui, ai dubbi sulle ragioni per i quali era morto e su chi aveva deciso la sua fine, al percorso che ha portato alla costituzione del Partito Democratico è dedicato questo romanzo di Visone, un viaggio alla ricerca della formazione politica, culturale e sentimentale di una generazione che ha creduto nel cambiamento e lo ha perseguito con le armi della politica e dell’amore. “Convergenze parallele”, pp. 181, € 16,00 Italic Editore, Ancona, 2013, presentazione il 20 agosto a Lecce e il 21 a Poggiardo, Palazzo della Cultura, info: andrea.visone@esteri.it.
San Giuliano Milanese, 17/8/2012