”Loro sono messi malissimo in campionato, giocheranno con le riserve ed hanno appena cambiato allenatore, l’occasione per passare c’è tutta”, oppure un più serafico ”se giochiamo come contro il Latina ed il Bologna, passiamo noi”, oppure ancora il ragionamento per la proprietà transitiva, nato dopo l’impresa dell’Alessandria contro il Palermo (3-2 ai rosanero, in 10 per lungo tempo dopo il rosso a Vazquez), ed esplicitato da un chiaro e netto ”se i grigi hanno espugnato il Barbera, perchè noi non possiamo sperare nell’impresa al Bentegodi?”: insomma, il sogno di passare il turno ed andare in trasferta a Napoli per gli ottavi di Coppa Italia era vivo ed ardente nella mente dei tifosi del Pavia, come noi stessi abbiamo potuto appurare nel lungo viaggio che ci ha portato a Verona, ed al match più atteso dai tifosi biancazzurri.
Un’idea nata dalla follia di un momento di pausa universitaria, quella di andare in trasferta coi lombardi proprio per la gara di Coppa, e realizzata non senza peripezie, e con l’agguerrita voglia di togliere quello zero dalla voce ”gare del Pavia viste dal vivo”, nonostante 5 anni passati nella città del Ticino e, diciamocela tutta, col senno di poi ne è valsa assolutamente la pena: già perchè, un po’ per il contorno, un po’ per quello che il sottoscritto ha potuto vedere in campo, Verona-Pavia verrà decisamente catalogata nelle esperienze da ricordare e raccontare.
Il Pavia col sogno-ottavi e la trasferta da sogno a Napoli come un obiettivo da raggiungere, insieme a quella vittoria che manca da un mese buono, l’Hellas per iniziare a dare la svolta ad una stagione troppo brutta per essere vera, e reagire all’esonero di Mandorlini: i presupposti per assistere ad una partita di valore c’erano tutti, anche se le scelte di Delneri, sommate agli infortuni scaligeri (Gomez e Pazzini, per fare due nomi), avevano privato la gara di molti potenziali protagonisti e dato spazio ai Primavera Badan, Checchin e Tupta, e lo stesso Marcolini decideva di far riposare la coppia magica Ferretti-Cesarini per far posto a Marchi e Del Sante, visto che la gara contro la Reggiana sarà decisiva per il suo futuro sulla panchina lombarda.
Il nostro racconto inizia con qualche minuto di ritardo, ma con la tracotanza di chi vuol dimostrare di poter reggere il palcoscenico del Bentegodi, e sorprendere tutti: parliamo degli 11 in campo, di un Pavia che ha dominato il gioco per lunghi tratti del match e gestito maggiormente la palla, azzardando anche un pressing alto degno delle grandi squadre e giocando a viso aperto, pur senza costruire enormi occasioni (anche se sembrava esserci un rigore per gli ospiti), ma soprattutto dei tifosi, di quell’encomiabile pattuglia partita con noi da Pavia, che è stata decisamente qualcosa in più del classico 12° uomo in campo.
250-280 leoni, che hanno sostenuto la squadra per tutti i 90 minuti a suon di cori ed incitamenti, con quel ”Totalmente dipendente, non so stare senza te… Biancazzurro nelle vene, tifo Pavia alè” che ci è entrato in testa, a furia di sentirlo risuonare nei momenti di maggior pressione degli ospiti e nelle rare folate di un Verona abulico ed inconcludente, troppo rimaneggiato per esprimere un calcio convincente e troppo ancorato alle sponde di un Toni ancora fuori forma: i tifosi lombardi, di fatto, vincono la sfida sugli spalti, coi decibel che si alzano di pari passo con la crescita del Pavia sul campo, e non calano più di tono neppure dopo il fischio finale, e neppure dopo la beffa che fa tornare tutti a casa con l’amaro in bocca.
Già perchè, dopo la parata miracolosa di Facchin su Toni, e quando tutti pensavano ai supplementari ed all’apporto che poteva dare il trio di subentrati composto da Cesarini, Ferretti ed Anastasia (il Pavia oggi giocava col 4-3-1-2) contro una difesa stanca e poco collaudata, un apporto potenziale che faceva sognare i tifosi pavesi, è arrivata l’ennesima beffa della sfortunata stagione del Pavia: siamo al minuto 90, e l’errore di Ghiringhelli, al rientro e tradito forse dai crampi (il giocatore si toccava il muscolo, nella disperazione post-gol) favorisce la rete di Winck, sin qui carneade in casa veronese, dato che non aveva mai giocato dal suo arrivo, ed oggi eroe di giornata.
Per il Verona questa è la vittoria che potrebbe dare una svolta alla stagione, e portare magari a quel primo successo in campionato che ancora manca, legittimando il neonato lavoro di Delneri ed il possibile passaggio al 4-4-2, mentre il Pavia cade nuovamente nel recupero, per una beffa che ricalca alcuni risultati stagionali: anche in campionato, infatti, i biancazzurri avevano buttato via dei risultati nel finale (questo è una delle note dolenti per Marcolini, dato a rischio in caso di ko contro la Reggiana), soprattutto nel derby contro l’Alessandria (ma anche sabato col Mantova e col Matera nei playoff 2015), ed il rammarico dei tifosi che, soprattutto dopo aver visto la prestazione di Cesarini & co., credevano nell’impresa, era palpabile nel viaggio di ritorno.
”Niente Napoli, peccato perchè avremmo meritato di passare il turno. Abbiamo giocato meglio noi”. Era questo il pensiero di molti dei presenti, divisi tra l’orgoglio per la prestazione, sommato a quello dato dalla presenza sugli spalti nello stadio che ha visto tante partite di A ed alla cornice creata dai tifosi pavesi, e la cocente delusione di un ko arrivato in extremis. ”Sarebbe stato meglio perdere 3-0, piuttosto che perderla così”: questo è stato un altro pensiero ricorrente, anche se la testa si è subito spostata al match di Reggio Emilia, ed a quel trend negativo da superare nel campionato che, nei piani societari, dovrebbe portare alla promozione in B.
Qualche minuto di scoramento, dunque, ma subito ecco riemergere l’orgoglio e la fierezza: ”Orgogliosi di esser pavesi”, è stato questo il mantra del post-gara, dopo che la tifoseria si era conquistata i complimenti della stampa per il suo atteggiamento ”sudamericano”, da tanto erano caricati i cori.
Già, perchè il Verona e Delneri possono gioire per la vittoria e per il passaggio del turno, ma il Pavia si consola coi complimenti per il suo atteggiamento e per quello dei suoi supporters: un’amara consolazione, vero, ma anche una soddisfazione da ricordare, per chi ha definito quella di Verona ”la miglior trasferta di sempre, a livello canoro”…