Che Il Giornale di Alessandro Sallusti e Il Fatto Quotidiano di Antonio Padellaro non si amino molto è noto a tutti. Uno decisamente filo-berlusconiano, l’altro all’esatto opposto del panorama editoriale, i due quotidiani non perdono occasione di punzecchiarsi e, a giudicare dalla mole di articoli che si dedicano a vicenda, i rispettivi redattori devono passare parecchio tempo a sfogliare e analizzare i contenuti dei “rivali” per poter trovare il punto esatto sul quale attaccare.
La storia infinita dei litigi e delle ripicche trasversali non accenna a trovare una soluzione di continuità, e anzi l’ultimo acuto è stato registrato solo un paio di giorni fa con l’articolo di Stefano Filippi “Gli anti-Cav attaccano: a morte i berlusconiani“. Nel mirino del giornalista di via Negri, questa volta, è finito un sondaggio online del supplemento satirico “Il Misfatto” che invitava i propri lettori a votare il miglior “giustificatore dell’ingiustificabile” del Cavaliere di Arcore: da Daniela Santanchè (che finora svetta con ampio margine) al ministro La Russa, dal direttore di Libero Belpietro al portavoce Pdl Daniele Capezzone fino allo stesso direttore del Giornale Sallusti, sul sito del Fatto sono stati presentati 13 nominativi di giornalisti e politici “colpevoli” di aver avallato senza un cenno di dissenso – neanche minimo – la strampalata versione di “Ruby nipote di Mubarak”.
Dal versante opposto, invece, l’iniziativa del Misfatto è stata letta provocatoriamente come “una lista di proscrizione con i peggiori berluscones” e l’autore del pezzo, Filippi, non si è fatto pregare per scandagliare e riproporre al lettorato di centrodestra un best of delle più infelici uscite dei sostenitori di Travaglio e Padellaro, che pure mediamente non brillano per pacatezza dei termini utilizzati (si veda ad esempio quel poco affatto conciliante “È ora di passare ai fatti: devono morire, mettiamoli a testa in giù”, pescato tra le centinaia di feroci commenti su Facebook e sul sito).
Peccato che una sorta di “lista degli ingiustificabili”, naturalmente a parti invertite, l’avesse di fatto stilata anche lo stesso Giornale soltanto pochi giorni fa, per l’esattezza nell’edizione di martedì 8 febbraio, senza neanche passare dal giudizio dei propri lettori ma come esito di un probabile brainstorming (“Dai no global dei centri sociali ai radical chic di casa a RaiTre“) dei componenti della redazione di via Negri. Ne era uscita addirittura un’infografica a tema astronomico per definire, una volta per tutte, i confini della galassia anti-Cav. Tutta da esplorare.
Gli ultimi arrivati nella galassia dei movimenti anti-Berlusconi, almeno sulle pagine dei giornali visto che in realtà esistono dal 2002, sono quelli di «Libertà e Giustizia»: Sandra Bonsanti, Umberto Eco e Gustavo Zagrebelsky. Non hanno una trimurti (né un leader) di riferimento invece i membri del cosiddetto «Popolo Viola», accomunati dal fatto che vanno in piazza indossando indumenti di quel colore. Totalmente invece identificati nel leader i «grillini», esercito personale di Beppe Grillo. Tra il comico genovese e il suo popolo lo stesso rapporto, anche se su scala più grande, di quello che lega il milanese Pietro Ricca (quello che diede del «buffone» al premier) ai suoi compagni di ventura.
Nuovo di zecca il partito mediatico di Michele Santoro, Barbara Spinelli e Marco Travaglio «Per legittima difesa». Poi ci sono gli «eterni ospiti d’onore», battitori liberi (sempre contro il premier) che possono di volta in volta associarsi a uno o più gruppi anti premier: Dario Fo, Moni Ovadia e Oscar Luigi Scalfaro. E ancora: gli «Antagonisti», il «Popolo No Tav», gli anarchici, i centri sociali, «L’Italia dei livori» (degnamente rappresentata da Luigi De Magistris e Antonio Di Pietro). Poi ci sono «quelli di RaiTre»: Serena Dandini, Fabio Fazio e Roberto Saviano, leggermente più noti al grande pubblico dei «giustizialisti»: Andrea Camilleri, Paolo Flores D’Arcais e Margherita Hack. Infine, le «donne democratiche»: Rosi Bindi, Lella Costa e Concita De Gregorio.