A nessuno è permesso emigrare o uscire dal territorio, chi vi entra lo fa scortato da guide del governo, lungo percorsi consentiti. E’ vietato parlare con i pochi turisti che arrivano, nessuno vuole finire nei campi di lavoro. L’unico percorso consentito ai coreani è quello che va da casa al lavoro, per visitare altri luoghi è necessaria un’autorizzazione speciale e occorre giustificare il viaggio. Ogni mattina è d’obbligo la marcia e a 4 anni già si impara a inchinarsi di fronte al Grande Leader. Per le strade non ci sono pubblicità, però è pieno di grandi cartelli col ritratto di Kim Il Sung.
L’educazione obbligatoria dura 12 anni (la più lunga al mondo) e forma sin da piccoli l’idea che la Corea sia lo stato in cui si vive meglio e che gli americani siano i cattivi. Chi è avverso al regime finisce nei campi di concentramento, dove esistono programmi di rieducazione basati sulla forza, con metodi di controllo ideologico per forgiare le menti, basati sulla critica e l’autocritica. Anche i familiari sono ritenuti responsabili dei crimini commessi e per questo puniti. Il governo si serve di spie e informatori in modo capillare e si ha in ogni momento il sospetto che il vicino di casa o un familiare sia un informatore. Questo porta a tenere per sé e non esprimere qualunque pensiero contro il regime. Una sorta di autocensura, un sistema di polizia sociale molto efficiente.
Gli apparecchi radiofonici come quelli televisivi sono stati tarati in modo da essere sintonizzati solo sulle stazioni governative e chiunque dovesse essere colto in difetto subisce la deportazione nei Gulag.
I quotidiani nazionali contengono solo le dichiarazioni di stima per Kim Il Sung oppure i discorsi scritti dallo stesso.
I giornalisti stranieri vengono ammessi solo se invitati in occasioni ritenute speciali. Le notizie, che pervengono dall’Estero sono rarissime e, nel caso, devono contenere immagini di violenza in modo da far credere alla popolazione che l’unico Paese dove regni la Pace sia il loro! Ascoltare radio straniere è severamente vietato, si rischia la deportazione; internet praticamente non esiste. Passano solo i messaggi allineati di regime.Kim Il Sung, un nome che evoca immagini orrende di torture e sevizie ai danni di povere vittime innocenti!
E’ stato lui, infatti, l’ideatore di veri e propri campi di concentramento, di cui si conosce poco malgrado le testimonianze dei pochi sopravvissuti e le foto scattate dagli aerei spia americani.
Notizie frammentarie, è vero, ma che ne esaltano tutto l’orrore, che si pensava fosse ormai il ricordo di un vecchio passato.
La cosa ancor più assurda è che il sistema di controllo coreano si basa sulla responsabilità collettiva per cui se una persona commette un crimine vengono puniti i genitori, le sorelle o fratelli e tutti gli altri parenti.I processi non esistono e nel giro di poche ore chiunque può essere condotto in uno dei campi di prigionia, dove ci sono 200 mila persone che vengono continuamente torturate o fatte morire di fame.
Sembra quasi un romanzo di Orwell, manca solo un sistema di sorveglianza totale. Ma la morale è una: non importa quanto si sta male, è sempre possibile credere di vivere nel migliore dei mondi possibili.