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Cormac McCarthy e il suo figlio di Dio fotografano l’attualità nera della società

Creato il 19 dicembre 2010 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

di Iannozzi Giuseppe

Cormac McCarthy e il suo figlio di Dio fotografano l’attualità nera della società
Cormac McCarthy, nato nel Rhode Island nel 1933, è cresciuto in Tennessee, dove ha frequentato l’Università, abbandonandola per ben due volte. Entrato nel ‘53 nell’Air Force, vi è rimasto per quattro anni. Attualmente vive a El Paso, in Texas, lontano dal clamore. McCarthy non concede interviste e non frequenta gli ambienti letterari e mondani: un uomo che non ha bisogno di amicizie mondane per essere scrittore. Tra le sue opere, tutte di grande sapienza artistica e letteraria, è giusto ricordare almeno, Il guardiano del frutteto, Il buio fuori, Meridiano di sangue, Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Città della pianura. Cavalli selvaggi, ha conquistato il National Book Award.

Il serial killer americano è intelligente, quasi sempre un colletto bianco, un uomo di cultura, addirittura di lettere, quasi mai un freak. Cormac McCarthy ha dato vita ad un serial killer anomalo, un freak: infatti, Figlio di Dio racconta la storia di Ballard, un freak la cui quotidianità placida e noiosa, all’improvviso, diventa un’orgia di sangue e d’amore. Il romanzo è la biografia di un uomo, che nella vita non ha alcuna ambizione, solo quella di vivere, e forse non ha neanche tanta voglia di vivere. Ballard affronta la vita così come affronterebbe un raffreddore: la vita, per Ballard, non è una malattia da combattere, piuttosto è una “cosa” che accade a chi è una cosa viva o meglio un figlio di Dio. Ma il figlio di Dio di McCarthy è uno che non prega e non crede in un piano divino; invece crede nel suo istinto, marchio a fuoco nella sua carne: “Aveva deciso di continuare il suo viaggio perché tornare indietro non poteva, e quel giorno il mondo era bello come lo era stato tutti i giorni fin dal principio, e lui viaggiava verso la morte… Forse percepivano un allentarsi dell’oscurità che il viaggiatore, invece, non poteva ancora cogliere, benché continuasse a guardare verso Oriente. Forse una nuova freschezza dell’aria. In ogni punto della terra addormentata i galli lanciavano i loro richiami e si rispondevano l’un l’altro. Oggi come nei tempi andati. Qui come in altri Paesi.” (da Figlio di Dio di Cormac McCarthy)
Lester Ballard, il protagonista di questo romanzo, è uno dei tanti poveri bianchi che abitano le catapecchie e i cortili del Sud rurale, le campagne fuori del tempo dove la “storia umana” è scandita da linciaggi e pubbliche impiccagioni, dove la promiscuità e l’incesto sono la regola, dove la miseria e l’abiezione rendono incongrua, quasi surreale, la sporadica comparsa di un’aula di tribunale o di una stanza di ospedale. Nello spazio di una breve gelida stagione, Ballard, il contadino solitario, amante della caccia e del whisky fatto in casa, si trasforma in un animale da preda: da feticista a stupratore, poi assassino e necrofilo. Le scorribande sempre più sanguinose di questo serial killer controcorrente hanno come cornice la natura violenta e il paesaggio incantato delle montagne del Tennessee, e a commentarle è un coro di personaggi che attinge a quel museo degli orrori che è l’immaginazione di uno scrittore o la “realtà immaginata”.

La macabra vicenda è raccontata con quella impietosa pietà  – l’ossimoro per McCarthy è d’obbligo, è la grandezza del suo stile espressivo più alto – che è evidentissima nella trilogia della frontiera e in Meridiano di sangue.
Gli abitanti della contea di Sevier, Tennessee, sono abituati alla violenza del clima e della natura, alle tempeste di ghiaccio e alle alluvioni, agli animali da preda che popolano la montagna fitta di foreste. Ma quando dal folto dei boschi emerge una creatura mostruosa, vestita di sgargianti abiti femminili, dal volto dipinto, comprendono che è arrivato il momento di agire.
Lester Ballard diventa sé stesso nel momento in cui la contea decide di espropriarlo della sua magra proprietà, trasformandolo così in un specie di hobo; tuttavia le voci di corridoio indicano Lester come uno che “non è mai piaciuto a nessuno”. Lester decide, su due piedi, di andare a vivere in una catapecchia abbandonata. La solitudine – forse! – lo spinge a uccidere: Ballard uccide uomini e donne, ma i cadaveri delle donne li usa per dar sfogo ai suoi appetiti sessuali. Senza nessuna sorpresa, Lester capisce di poter provare appagamento sessuale solo assecondando la sua natura più naturale, quella del necrofilo. La violenza carnale sui cadaveri femminili è anche, e soprattutto, una violenza verbale: Ballard dice e sussurra all’orecchio dei cadaveri tutte quelle cose che mai gli avrebbe detto se fossero stati cadaveri vivi accanto a lui. La morte è l’unico mezzo di comunicazione concesso a Lester per rapportarsi con i propri simili, l’unica via per essere un figlio Dio. Lester è Abele e Caino allo stesso tempo, ma le due nature sono una sola identità nell’Io di Lester Ballard. Semplicemente una unica e sola identità. La catapecchia prende fuoco per un incidente dovuto al caso e Ballard si trasferisce nel bosco, su una montagna bucherellata da cunicoli e grotte. E in queste grotte, che sono un Ade spartano e grottesco, Ballard trascina le sue vittime. Le autorità cominciano a sospettare di Lester:  troppe vittime e troppi cadaveri scomparsi fanno notizia anche in un paese profondamente rurale, e Lester non è mai stato visto di buon occhio, quindi i sospetti cadono su di lui che si è allontanato dalla comunità.
Anche la natura bracca Ballard: violente piogge, inondamenti, giornate falsamente primaverili, penetrano l’Io di Lester; in rari momenti di istintiva tranquillità, Ballard scopre di amare la natura nonostante tutto, perché è violenta e naturale come lui. E l’amore per questa natura a lui avversa perché freak, diventa subito adrenalinica violenza: Lester bracca le sue vittime con ferocia spietata, come un autentico figlio di Dio nato sulla terra.

Il silenzio degli innocenti di Thomas Harris è stato acclamato dalla critica 0romanzo originale e profondamente psicologico, ma Figlio di Dio di Cormac McCarthy aveva già detto tutto sull’innocenza degli innocenti. Ballard comincia a infierire sulle sue vittime come un animale, si  muove sulle piste segrete della contea con uno scalpo femminile in testa, indossando i vestiti tolti ai cadaveri. Questo è il vero “silenzio degli innocenti”, un silenzio che non ha bisogno né di citazioni letterarie né di colte argomentazioni psicologiche: Cormac McCarthy è nettamente superiore a Thomas Harris, perché non ha bisogno di ricorrere alla psicologia o ad altre scienze per descrivere la biografia della natura umana.

Ballard, quando davanti a lui si presenta John Greer, il banditore che ha venduto la sua proprietà, cerca di colpirlo ma senza successo. Un colpo di fucile sparato da Greer gli strappa via un braccio e Lester perde i sensi. Quando si risveglia sotto custodia in ospedale, un gruppo di cittadini in cerca di vendetta trascina Ballard di nuovo sui monti, perché li conduca là dove ha nascosto i corpi delle vittime. Ma una volta dentro i cunicoli della montagna, Ballard sparisce e fa perdere le sue tracce. Una fuga? Ballard è consapevole che per lui il futuro non è. Torna in ospedale per morire di polmonite. Il suo cadavere finisce con l’essere utilizzato per discutibili esperimenti della Scuola di Medicina. Nonostante Lester sia morto, i corpi delle sue vittime vengono scoperti, ormai ammuffiti e suppuranti, raccapriccianti burattini di un teatro dell’orrore tanto ironico quanto naturalmente umano. Questa è la biografia dell’uomo, del freak, del figlio di Dio nato sulla terra, disegnato dalla magistrale impietosa penna di Cormac McCarthy.

Figlio di Dio – Cormac McCarthy  – Einaudi – Collana SuperET – pp. 168 – Euro 10


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