Qualche settimana fa ho pubblicato questo annuncio: ‘Cerco videomaker con attitudine
Mi sono arrivate una ventina di candidature. Anche di colleghi molto noti nell’ambiente del giornalismo. Anche di videomaker dall’estero
Decidere chi scegliere sarà quindi dura, visti i profili di altà qualità professionale che mi sono arrivati, ma credo che questo modulo lavorativo, con una sorta di ‘call of proposal’, mettendo nero su bianco il compenso (cosa che non avviene quasi mai) sia ad ogni modo innovativo. Uno perchè non è mai stato fatto. Due perché in questo caso la chiamata è fatta da freelance a freelance (e i soldi sono i miei). Tre perché permette di valutare le competenze. Quattro perché crea col tempo un database di professionalità al quale attingere per progetti futuri.
Se la cosa andrà in porto, si partirà in tre. Giornalista, fotografo e videomaker. Quesa volta non ho fatto la chiamata pubblica per selezionare il fotografo, ma solo perché era da mesi che un collega stava tentando di coinvolgermi per andare, appunto, in Somalia.
La durata. Circa tre settimane, ho scritto. Un tempo non molto largo ma nemmeno così ristretto per le idee che vorrei sviluppare in loco.
L’obbiettivo. Realizzare tre storie in video. Tre reportage di diverso spessore e durata pr il mercato televisivo.
I costi. La Somalia costa. Una giornata tipo, con scorta, macchina, stringer, albergo e pasti si aggira sui 600 dollari. Che per tre settimane fa 18mila dollari. Poi vanno messe le spese di trasporto e i costi del montaggio e le traduzioni che sono minimo altri 7mila dollari. Insomma con meno di 15/20mila euro non se ne esce. Al momento.
Un azzardo? Vedremo!