Correggere i temi dei miei ragazzi (di tutti i ragazzi presenti e passati) è un lavoro che richiede attenzione e calma, bisogna trovare un angolino tranquillo, fare silenzio, magari dotarsi di una tazza (o di una moka di caffè) che aiuta la concentrazione e cominciare a leggere e poi rileggere.
Di solito cerco di non guardare il nome nell’intestazione per non farmi influenzare in nessun modo da qualche preconcetto che, non si sa mai, potrebbe albergare nella mia mente.
Leggo, sottolineo, riscrivo le frasi, dopo averle corrette, nello spazio sulla destra del foglio, raccolgo le idee e poi stilo un giudizio, scrivo un voto, firmo e archivio momentaneamente tutta la faccenda.
Alla fine della correzione, quando ormai tutti i fogli sono impilati in bell’ordine sul tavolo, riprendo il plico e do un’ultima lettura per essere sicura di non aver tralasciato nulla.
I miei insegnanti usavano la matita rossa e blu: gli errori sottolineati in rosso erano veniali, per lo più semplici imprecisioni, gli errori più gravi erano sottolineati con un segnaccio blu molto imperioso, ma per fortuna i segni blu erano rari, io uso una penna rossa, molto meno imperiosa, ma nel cassetto conservo anch’io una matita rossa e blu, ma non amo usarla.
Correggere i temi non è solo un compito istituzionale, spesso la lettura rivela molto di ciò che passa per la testa dei miei ragazzi, mi permette di conoscerli meglio, qualche volta di comprendere meglio i loro pensieri, i loro desideri, le loro paure, il loro cuore.