Corsi e ricorsi della storia

Creato il 11 aprile 2011 da Giancarlo
Dopo la terribile tragedia avvenuta nella Scuola Municipale Tasso da Silveira, di Realengo, nella regione ovest di Rio de Janeiro, avvenuta nella mattinata di giovedì della settimana passata, dove un ex alunno della scuola ha ucciso 10 bambini, ed altri sono ancora in gravissime condizioni, uno cerca di pensare sul come sia potuto accadere questa tragedia.
Ma pensandoci ritornano a mente anche altri fatti analoghi, già avvenuti in Brasile, come in Rio Grande do Norte, l'unico stato brasiliano ad avere la festività del 3 ottobre, in ricordo delle vittime dei massacri perpetrati dagli olandesi durante la loro distruttiva e fallimentare occupazione del Brasile, e dove altri fatti di sangue hanno macchiato questa terra, come quello raccontato in un cordel dell'epoca come Os Bárbaros Acontecimento das Mortes em Cruzêta. Fatto di sangue avvenuto tra la fine degli anni '60 o inizi '70 (i riferimenti si sono persi nel tempo).


L'assasino e i morti di Cruzêta 

Il Terrore nella fazenda di Cruzêta
Nel Sítio Margarida, a pochi chilometri dalla città di Cruzêta, verso le 3 del mattino l'agricoltore José Emídio si alza dal letto per sistemare le mucche. Nel frattempo uno dei suoi cinque figli, il più piccolo, piange perché a fame. Emidio avrebbe detto alla moglie di soddisfare il figlio allattandolo. Ma Severina Maria da Conceição, probabilmente impaziente e disturbata nel sonno, imprudentemente rispose: “Lascialo piangere. Tanto non è tuo figlio”.
Apparentemente silenzioso, come era, in silenzio Emídio rimase. Macinando l'odio del tradimento dentro il petto prese una decisione fatale. Andò in cucina, prese un coltellaccio ben affilato, e senza nessuna considerazione, gridi, o pianti tipici di chi è tradito, uccise tutte le persone che stavano dentro la semplice casupola. Risultò poi che José Emídio sospettava di essere stato tradito dalla moglie, e nella sua concezione di uomo “maschio”, l'affermazione di Severina marco la sua vita e quella dei suoi figli.
A parte Severina, la crudeltà di José Emídio lasciò senza vita Manoel, Josenir, Francisco, Josileide e Josemar. Quest'ultimo, il più grande, aveva otto anni e venne trasportato ancora in vita, nell'ospedale della città di Currais Novos, dove morì, non resistendo alle ferite. In totale furono uccise sei persone.
Inizialmente José Emídio tentò di negare l'evidenza, ma di fronte all'evidenza si vide costretto a confessare le sue colpe.
O Monstro de Capim Macio (il Mostro di Capim Macio)
Era l'anno 1975, quando il terrore fece correre un brivido di gelo lungo la spina dorsale agli abitanti della regione di Capim Macio, a quel tempo una regione agreste, dedicata alla polli-coltura, dove esisteva la proprietà di una professoressa, Ruth Carolina Marta Loomam, che gestiva uno dei tanti pollai della regione, che abitava con la madre sessantenne Alexe Flena Maria Reymann, e con le figlie, Carla, di 13 anni e Anthonieta, di 11 e Astrid di circa 9 anni, oltre alla giovane domestica Ana Lídia.
Fino a pochi giorni prima nella casa abitava anche un giovane con mansioni varie, tale José Vilarim Neto, di 25 anni, descritto come basso, scuro, taciturno, ma disponibile e considerato un buon aiutante nei lavori pesati.
La notte tra l'8 e il 9 di agosto, per motivi ancora oggi sconosciuti, Vilarin invase la casa ed iniziò un'orgia di sangue. Uccise le piccole Carla e Anthonieta, la nonna e la domestica, utilizzando un fucile calibro .22, successivamente si constata che avrebbe praticato atti di necrofili su una delle bambine.
Terminato la mattanza e gli insani gesti, si reca nel cortile sul retro della casa dove inizia a scavare una grande fossa, con l'evidente intento di seppellire i corpi. Ma nel frangente giunse la professoressa con la figlia Astrid. Vilarin tenta di uccidere la padrona del pollaio, colpendola con due tiri che la attinsero alla mandibola ed al braccio.
Benché ferita, la professoressa si getto sul Vilarim, riuscendo a disarmare l'assassino e rifugiandosi in casa, mentre il Vilarin si dava alla fuga. Subito dopo, appena avuta notizia della strage, si scatenò la caccia all'assassino, nel mentre la cittadina rimaneva spaventosamente stupefatta dalla crudeltà dell'evento, e il Vilarin divenne “O Monstro de Capim Macio”.
Diversi giorni dopo venne catturato mentre si nascondeva in un pollaio nei pressi di Macaíba. Non spiegò il motivo del suo insano gesto e, a dire dei presenti, parlava in modo disarticolato. La notizia della cattura fece tirare un sospiro di sollievo a tulla la regione. Solo dopo cinque anni il Vilarin si sarebbe seduto sul banco degli imputati, per ascoltare la sentenza definitiva, per il reato di quattro omicidi, necrofilia e lesioni corporali. Con 29 anni di età il Vilarin venne condannato a 132 anni di prigione più due di misure cautelari.
Notte di Terrore alla Periferia di Natal

Genildo Ferreira de França

Così come accade a Cruzêta, sarà una chiacchera ad accendere la miccia di una notte di sangue nel 1997, solo due anni dopo i tragici fatti di Capim Macio.
Era un ragazzo di bassa statura, con un fisico forte, che viveva in Santo Antônio dos Barreiros (oggi Santo Antônio do Potengi). Un tranquillo distretto di São Gonçalo do Amarante, a 11 chilometri da Natal, si chiamava Genildo Ferreira de França, ma conosciuto come “Neguinho de Zé Ferreira”. Nel 1990 Genildo entrò nell'esercito, probabilmente nel Batalhão de Engenharia de Natal, dove si mise in mostra, vincendo anche diverse competizione come tiratore. Si crede che fu a causa di questo periodo come militare Genildo che idolatrava le armi da fuoco e tutto quello che riguardava i militari.
Considerato un ragazzo buono, era sposato e indicato come buon padre di famiglia. Una volta lasciato l'esercito, aveva aperto un piccolo bar utilizzando un locale della sua casa. Ma la sorte ci mette sempre lo zampino, e suo figlio muore travolto da un'autovettura.
Non si sa se fu questo il motivo che cui si separò dalla prima moglie. Ma una cosa era certa, Genildo, dopo la morte del figlio iniziò ad avere comportamenti strani con segnali, che con il senno di poi, lasciavano presagire che poteva accadere qualcosa di non buono. Tra tanti, il continuo promettere che si sarebbe vendicato dell'autista che uccise suo figlio.
Per un certo periodo tentò di dare una direzione alla sua vita, tanto che iniziò un relazionamento con un'altra donna, ma anche questo si rivelò un fallimento, con continue liti e agressioni alla donna che lo lascerà ben presto.
Genildo giunse ad affermare che la moglie lo accusava di essere homessuale, avendolo scoperto a letto con un'altro uomo, per velocizzare in questo modo la sua separazione dall'uomo che era diventato troppo violento, e dava la colpa alla famiglia della moglie di divulgare questa menzogna sulla sua sessualità.
Ben presto la chiacchiera sulle presunte tendenze sessuali del giovane si sparse e le persone incominciarono ad indicarlo a dito, e nella piccola comunità di 5.000 abitanti era diventato lo zimbello della popolazione.

rivoltella Rossi, calibro .38 nichelata, con silenziatore

Genildo inizia a pianificare accuratamente la sua vendetta, che prevedeva l'uccisione di almeno 20 persone. Quello che guadagnava con il suo piccolo bar lo usava per comperare armi e munizioni. Ben presto conseguì acquistare una rivoltella Rossi, calibro .38 nichelata, munita di silenziatore(1). Inoltre disponeva già di una pistola Taurus calibro 7,65 e un gran quantitativo di munizioni.
Prima di iniziare il suo breve ma sanguinoso tour di morte, nella notte tra il 21 e 22 maggio 1997, incontrò Francisco de Assis Ramos dos Santos, e una adolescente chiamata Valderice Ribeiro, le cui testimonianze furono alquanto confuse e contraddittorie, e li obbliga ad accompagnarlo in varie azioni.
Quando entrò nella casa di sua moglie, la quale era colpevole di aver acceso la miccia, che venne giustizia con tre colpi, aveva già eliminato quasi oltre un terzo dei nomi elencati nella sua lista di morte. Grazie al silenziatore l'assassino poteva confidare nella riuscita del suo piano, dato che nessuno, a parte i due testimoni si accorgeva di quello che stava accadendo.
Chiamò il tassista Francisco Marques Carneiro, attuale compagno di sua moglie, con la scusa di una corsa fino a Natal, e in una zona appartata lo uccise, ed usando quindi il taxi per eseguire le sue condanne con più rapidità. Segundo la successiva testimonianza di Valderice, Genildo fumò molta mariuana durante tutta l'azione, e obbligo la ragazza ad avere un rapporto sessuale.
Genildo utilizzo varie motivazioni per attrarre le sue vittime. In una disse che doveva realizzare un lavoro, un altro venne invitato ad una bevuta, un altro venne invitato ad una festa in un cabaré. Ma dopo una certa ora le scuse non sarebbere più state buone, quindi iniziò ad entrare nelle case sparando senza pietà.
Mentre uccideva il contadino Edilson Nascimento gli gridò che lo faceva per mostrare che non era homosessuale. C'è chi dice che durante la notte fermò una persona, puntandogli la rivoltella alla testa, ma riconosciutolo lo lascia libero, dicendo: “Lui non mi ha offeso”, confermando la tesi che stava uccidendo per lavare l'onore.
Ovviamente il tutto, pur col favore delle tenebre, non poteva passare inosservato, e la polizia venne chiamata per prestare soccorso ad una delle vittime. Bem presto, la cittadina era molto piccola, si ebbe l'incontro tra Genildo e le forze dell'ordine. Genildo non titubò, uccise il sergente che comandala la pattuglia e feri i due militari, impossessandosi di una pistola mitragliatre PM-12.
Con la morte del sergente la notizia giunse immediatamente alla capitale, che inviò forti contingenti nella regione. Mano a mano che la notte schiariva, la polizia prendeva visione della dimensione della tragedia che si stava sviluppando, nella misura che incontrava sempre più corpi senza vita.
Ad un certo momento Genildo, braccato da decine di militi, prese come ostaggio la sua propria figlia Gislaine di soli 5 anni. La caccia all'assassino dette i suoi frutti, e scoperto venne circondato. Vista persa ogni speranza di completare la macabra lista che aveva in tasca, comprendente 21 nomi, liberò Valderice con suo figlia, e quindi, poco prima di essere colpito da una ventagliata di proirttili si sparò un colpo al petto, come affermò la Valderice.
Nella lista dei condannati, trovata in tasca al Genildo, erano elencati 21 nomi, sette ebbero la fortuna di vedere l'intervento delle forze dell'ordine bloccare la furia omicida che non aveva risparmiato i primi 14, a cui si aggiunge una vittima estranea, il commerciante Fernando Correia di 42 anni.
Come avvenuto in questi giorni, con i fatti della scuola di Rio, anche allora la stampa si impossesso del caso, che lo trasformo in un grande spettacolo per la gioia dei lettori.
Note:
  1. Varie cronache del tempo parlano del silenziatore installato sul revolver, alcuni precisano marca Rossi, mostrando anche la foto di una rivoltella, con a fianco un silenziatore e vari proiettili a palla scoperta. Ora bisogna precisare che l'unica rivoltella che poteva usare il silenziatore per ridurre il fragore dello sparo è la Nagant mod.1895. Per poter utilizzare il silenziatore occorre che la cartuccia superi in lunghezza il tamburo, ed entra in parte nella canna, per questo la palla non può essere visibile, ma è racchiusa nella cartuccia. In questo modo, il tamburo mobile, dopo aver effettuato la rotazione, viene spinto in avanti, inserendo la parte iniziale della cartuccia nella canna della rivoltella, impedendo ai gas di scarico di uscire dai lati. - Questa tecnica venne brevettata nel 1886 dall'armaiolo Henri Pieper, che aveva fondato a Herstal, vicino a Liegi, la ditta Henri & Nicolas Pieper. Il progetto iniziale era troppo avanzato e complesso per i tempi, rendendo l'arma di difficile manutenzione. Per questo Pieper lasciò scadere il brevetto, che venne ripreso dai fratelli Nagant, semplificandolo e rendendolo utile per l'uso militare, che richiede un'arma semplice, robusta e di scarsa manutenzione, brevettando l'arma nel 1892 e successivamente brevettarono il miglioramento nel 1894, iniziando la produzione nel 1895, da questa ultima data viene il nome del modello.


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