Tirava un leggero venticello che mi solleticava la guancia, s’insinuava tra i capelli e raffreddava la vista di quell’unica stella nel cielo milanese. Il balconcino era stretto e lungo e dovevo inarcarmi molto per raggiungere il parapetto con i gomiti. Dall’interno della casa proveniva musica indy di chiaro stampo americano. Sorrisi e alzai gli occhi al cielo sapendo che l’unica persona che poteva aver messo su quel genere musicale era Annalisa. Il piccolo appartamento di Lia era pieno zeppo di persone quella sera. Aimè non conoscevo nessuno, eccezione fatta per le donne della casa: Annalisa, Eleonora e Lia. Mi girai verso la porta-finestra del balconcino e buttai l’occhio all’interno. I ragazzi sembravano simpatici, ma tutti più grandi di me. Mi sentivo in difficoltà a entrare nell’anima della festicciola. Annalisa, cercandomi con lo sguardo, mi trovò attraverso i vetri della portafinestra. Alzò una mano e fece il gesto di entrare seguito da un “entra” mimato con le labbra. Al mio cenno di diniego non si dette per vinta e uscì fuori. Mi abbracciò e mi diede un bacio sulla guancia. Ho sempre apprezzato il suo lato affettivo nei confronti degli amici più cari. E’ una delle caratteristiche più belle e particolari che avesse quella ragazza.
- Entra Cì, ci stiamo divertendo… -
- Sì, ora vengo… -
- No, entra! -
Mi prese sottobraccio e mi trascinò di forza. Mi fece sedere tra due suoi amici e, con una scusa, si dileguò lasciandomi in completo imbarazzo.
- Ciro! Cosa combini in quel di Milano? – chiese uno dei ragazzi per rompere il ghiaccio.
- Beh… studio economia… – risposi timidamente.
- Economia… bella materia. Avrei voluto studiarla anch’io anni fa… poi ho ripiegato sulla psicologia. – rispose sorridente. Continuò, poi, rivolgendosi all’altro ragazzo seduto a fianco:
- E tu Vittorio, ne capisci qualcosa di economia? -
- Si certo! Per questo faccio il geometra! -
Ridemmo tutti.
Per un istante rivolsi uno sguardo ad Annalisa, che lo colse al volo. Come quando un bambino impara ad andare in bicicletta e si gira a guardare il padre. Lei sa che non sono molto ferrato per le relazioni sociali. Soprattutto con i maschi. Non so mai da dove cominciare.
I ragazzi mi diedero parecchi spunti su cui intraprendere una lunga conversazione. Non sono bravo nelle relazione ma nella conversazione sì. Di qualsiasi argomento si tratti. In tutti questi anni, la mia fervida curiosità mi ha fatto appassionare a innumerevoli cose. A volte ho persino paura ad avvicinarmi a qualcosa che magari mi ci fisso su e addio vita!
E parlavo e parlavo. Praticamente da solo. Quei trentenni mi fissavano pendendo dalle mie labbra.
- E quindi… com’è questa storia della borsa? -
- Emanuele, scusami, ma ho bisogno di un bicchiere d’acqua! Sto parlando da un’ora! -
Mi allontanai dalla combriccola di ragazzi. Andai verso il tavolo imbandito di leccornie da aperitivo. Facevo finta di vedere cosa potessi prendere, in realtà non volevo niente. Aspettavo che Annalisa si avvicinasse mentre riempiva il suo piatto di plastica. Volevo che mi parlasse.
- Allora? Come ti sembrano i miei amici? – mi chiese appena fu accanto alla mia spalla.
- Simpatici… socievoli… – dissi.
Annalisa si prese un’altra porzione di riso, condito da improbabili sottaceti e, nel mentre, mi disse: – Dopo ti devo raccontare di M. -
- Ancora lui!? Anna… – dissi sorpreso.
- Eh sì! Che ci posso fare! Ci son ricascata! -
- Anna… hai quasi trent’anni, ma in amore ti comporti come una quindicenne! -
- Dai… non dire così! Senti, domani devo partire… vuoi venire a dormire da me, dopo la festa? Cosi ne parliamo… -
- Anna… non ho un cambio, sono semi distrutto e chissà dove mi farai dormire! -
- Quindi? – chiese, come se non mi avesse ascoltato.
- Ahhh… quindi ok! – dissi tranquillo e rassegnato, conoscendo il suo innato disprezzo verso i no.
continua…
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