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Corsi obbligatori per cassaintegrati: quando lo Stato impedisce di cercare lavoro.

Creato il 14 marzo 2013 da Laperonza

 

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Tra le tante disgrazie che possono capitare ad un lavoratore in tempo di crisi c’è quella di essere messo in cassa integrazione e di dover frequentare i seminari o corsi di formazione obbligatori che sono previsti dalla legge in questo caso. In sostanza il lavoratore cassaintegrato è costretto (L. 291/2004 e circolare 5/2006), volente o nolente, pena la decadenza dal trattamento di cigs e della contribuzione figurativa, a frequentare dei corsi di “riqualificazione” che dovrebbero, in teoria e solo in teoria, aiutarlo a ricollocarsi in caso di perdita del posto di lavoro o a qualificarsi meglio al suo rientro in azienda. Si tratta di corsi del tipo “inglese di base” o “informatica di base” e via discorrendo.

A questi corsi debbono partecipare tutti, a prescindere dal proprio grado di preparazione, per cui capita il laureato che parla fluentemente l’inglese che si ritrova in un corso di lingua base o il tecnico informatico che deve sorbirsi un insegnante che ne sa meno di lui che gli spiega come si accende un computer. E qui la beffa.

Ma abbiamo anche il danno. Infatti, tali corsi, che in teoria dovrebbero essere svolti nel periodo di percepimento dell’indennità, spesso scivolano oltre cosicché il lavoratore si trova, dopo essere rimasto disoccupato, a dover espletare l’obbligo di frequenza in orari che potrebbero essere dedicati ad un eventuale nuovo lavoro. La legge, che ha previsto questa eventualità, nella sua totale distanza dalla realtà in cui vive l’essere umano obbliga l’eventuale nuovo datore di lavoro a consentire al lavoratore la frequenza dei corsi, in modo tale di creare un ulteriore impedimento ad una eventuale nuova assunzione (solo un pazzo assumerebbe qualcuno per mandarlo ad un corso oltretutto inutile).

Però puoi sempre scegliere un corso accelerato da pizzaiolo (non riconosciuto professionalmente) o di cucina, almeno non morirai di fame, sempre ammesso di avere qualche euro per fare la spesa.

Luca Craia


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