Corso base da Mahout a Chiang Mai: primo giorno

Creato il 20 luglio 2014 da Italianoabangkok @BeingAndrea

L’ultimo volo proveniente da Bangkok atterra a Chiang Mai poco prima di mezzanotte: ecco cosĂŹ che dopo circa un’ora in aereo siamo finalmente a destinazione!

La scelta di arrivare la sera prima non è stata casuale: quelli del Panda Tour sono abituati a svegliarsi presto e a cominciare la giornata quando il sole inizia a far luce su questa città del nord della Thailandia dove molti turisti arrivano solo perché c’è scritto sulle guide.

Ore 8: un furgoncino parcheggia davanti all’hotel e la faccia sorridente di Den fa capolino chiamandomi per nome. Per oltre un’ora ci dirigiamo verso nord, verso il confine con la Birmania. Io e Kevin siamo decisamente i più vecchi fra i passeggeri ma questo non ci crea problemi. Accanto a me ci sono 3 coppie provenienti rispettivamente dall’Irlanda, dall’Olanda e dalla Svezia. Ci metto poco a capire che io e Kevin siamo gli unici diretti al Campo Elefanti e ad aver optato per l’opzione con pernottamento. Gli altri hanno scelto l’escursione di un giorno, decisamente più economica e meno impegnativa.

A circa 50 km da Chiang Mai il furgoncino si ferma per farci scendere. Dobbiamo proseguire a piedi, zaino in spalla, perché gli altri vanno più avanti per la loro escursione mentre noi siamo arrivati a scuola. Il paesaggio che ci circonda è più bello di quanto mi potessi immaginare nonostante il cielo non prometta nulla di buono.

Prima ancora di avere il tempo di lasciare gli zaini nella nostra camera o di cambiarci ci troviamo seduti sotto una tettoia per imparare (o quantomeno cercare di memorizzare) i comandi base con cui interagire con gli elefanti. La nostra aula è quanto auspicherei ad ogni studente: niente pareti, il rumore di un ruscello come sottofondo alle parole dell’istruttore e una coppia di elefanti affiancati del loro “quan chang" (o mahout) per vedere in pratica a cosa andremo incontro nelle prossime ore.

qui gli elefanti noi ce li abbiamo, li compriamo e li affittiamo per voi turisti

Queste le prime parole con cui iniziamo la lezione. Parole schiette che echeggiano nella mia testa ancora oggi.

Il nostro insegnante prosegue parlandoci brevemente della fisiologia e anatomia di questi splendidi animali, sottolineando più volte come le oltre 3 tonnellate di peso possano essere di per se stesse un grave pericolo per una persona. Ci rassicura anche sul fatto che non saremo MAI lasciati completamente da soli con un elefante e che ogni quan chang ha a cuore non solo la nostra incolumità ma soprattutto quella del suo elefante.

Dopo pranzo ci vengono consegnati gli abiti da lavoro. Il resto della giornata, fintanto che ci sarà luce, la passeremo facendo pratica.

Yok khaa è il primo comando che associato a sung permette ai quan chang di far sollevare la zampa verso l’alto in modo da poter essere usata come scalino per salire sull’elefante. Questa è una delle possibili tecniche che consentono di prendere posizione dietro le orecchie senza rischiare di essere scaraventati a terra.

Più facile a dirsi che a farsi, ve l’assicuro. Dopo la ventesima volta è ancora necessaria tutta la concentrazione possibile per coordinare il comando vocale con le mani che afferrano la pelle rugosa dell’elefante, il piede che fa forza sull’enorme zampa e il corpo che sbilanciandosi in avanti cerca goffamente d’innalzarsi sopra il pachiderma. E da lassù non è che le cose migliorino. Farsi ascoltare è quasi impossibile. Non riconoscono la nostra voce, non pronunciamo correttamente il comando, abbiamo paura di fargli male e, soprattutto, la naturalezza che contraddistingue i quan chang è frutto di anni di pratica.

E se salire non è semplice, scendere lo è ancora di meno. Di certo dipende dalla stazza dell’elefante. Usare la proboscide come uno scivolo potrebbe sembrare divertente ma equilibrio, padronanza dei comandi e paura di cadere rendono questa tecnica assolutamente divertente…per chi è spettatore e non protagonista! Scendere da dietro facendo sedere l’elefante non ha nessun vantaggio sulla terra ferma.

I nostri compagni di corso, quelli che hanno dedicato una sola giornata al campo, si dirigono al fiume per immergersi e salutare i nostri beniamini. Io e Kevin veniamo spediti invece con Den verso i box: prima che gli elefanti tornino devono essere puliti! E se mangiano più di 200 kg di roba al giorno potete immaginare da soli le conseguenze che questo ha.

Oltre agli effetti personali per quando non si lavora con l’elefante, la lista delle cose da portare dovrebbe comprendere anche:
repellente per le zanzare - averne una buona scorta a portata di mano, per il giorno e per la notte!
mutande di ricambio in abbondanza - soprattutto se le attività prevedono bagni agli elefanti perché trascorrere una giornata umidi non è proprio piacevole
cerotti e salviettine disinfettanti - per le vesciche e le piccole ferite che a contatto con la pelle dell’elefante sono frequenti
crema solare - anche nella stagione delle piogge perché il sole picchia anche da dietro le nuvole
scarpe facili da togliere e da mettere e infilare in tasca - personalmente più che le flip flop (o infradito che dir si voglia) consiglio degli zoccoloni in gomma tipo Crocs (la versione economica da mercato va più che bene).

Imparare senza pensare è fatica perduta; pensare senza imparare è pericoloso.
Confucio


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :