Secondo i dati dell’UNDP – United Nations Development Program (il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite), il 20% più ricco della popolazione mondiale ottiene il 95% del credito complessivamente erogato nel mondo.
Nei Paesi in via di sviluppo, milioni di famiglie vivono con il reddito delle loro piccole attività economiche rurali ed urbane, nell’ambito di quella che è stata definita come economia informale.
La difficoltà di accedere al prestito bancario, a causa dell’inadeguatezza o assenza di garanzie reali e delle dimensioni delle microattività, ritenute troppo ridotte dalle banche tradizionali, non consente alle microimprese di svilupparsi o di liberarsi dai forti vincoli dell’usura.
I programmi di microcredito propongono alternative soluzioni per queste microattività economiche (agricolture, allevamento, produzione e commercio/servizi), pianificando l’erogazione di piccoli prestiti a microimprenditori o gruppi di questi che hanno forte necessità di risorse finanziarie, per avviare o sviluppare progetti di auto-impiego.
L’incremento di reddito che ne deriva porta a migliorare le condizioni di vita dei loro nuclei famigliari, determinando contemporaneamente un impatto significativo a livello comunitario.
Avendo come target di riferimento i poveri, i programmi di microcredito molto spesso prevedono, oltre a servizi di carattere finanziario, anche una combinazione di servizi di supporto alla microimpresa, come: formazione tecnica e gestionale; creazione di reti commerciali; condizioni per la raccolta di risparmio. In modo più appropriato questi programmi assumono la denominazione di progetti di microfinanza.