Cosa ci vuole per aprire una libreria per bambini

Da Centostorie

Spesso mi chiedono cosa ci vuole per aprire una libreria.
Mi sembra scontato dire tante cose. Ma una che non considera mai nessuno è il coraggio.
E coraggio in tanti modi.

Coraggio prima di ogni cosa verso se stessi. Arrivati ad una certa età o giovanissimi a dirsi di fronte allo specchio che il lavoro che facciamo (se abbiamo avuto la fortuna di trovarne uno) non ci piace ed è proprio arrivata l’ora di ricominciare tutto da capo. Coraggio anche di reinventarsi, come hanno fatto tanti tanti librai che conosco, ma in particolare penso a Giampietro e Marco. Due uomini che fanno quello che viene erroneamente ritenuto un lavoro da donne: i librai per bambini. Entrambi per alterne vicende hanno saputo ricominciare, usando il carico di esperienza di un lavoro che non piace più o che semplicemente scompare.
Magari non è la scelta più facile, non è neanche la prima che ci salta in mente, non è neanche così funzionale e non ci farà diventare ricchi. Ma è il bandolo della matassa. E’ l’inizio di una storia, un’altra opportunità, l’occasione di perdono, la voglia matta di fare una cosa che ci piace.

Ci vuole coraggio anche verso i nostri. Parenti e amici che guardano basiti, terrorizzati, ammirati o sconvolti.
Spiegargli che ricominciare è una necessità, sconvolgere strade definite non più una opzione.
Convincerli che ce la metteremo tutta, ma l’esito è incerto e la sorte nascosta. Non dargli alcuna certezza se non quella della propria volontà.

Ci vuole coraggio verso i numeri. Avversi e contrari quasi sempre. Lettori in calo, grandi catene, extrasconti, calo delle nascite… E scorgere dietro quei numeri un’idea, una lettura nuova. Una radice di nuova vita per i giovani lettori che saranno. Capire i numeri e farci i conti. Mantenere la barra, ma saper scendere a patti. Lavorare su un’ideale che diventa anche realtà commerciale, che subisce accuse di cinico realismo. Anche se a volte non aspetti altro che vendere libri in una periferia di una grande città di quelle toste. Decidere anche di sfidarli quei numeri, come Silvia, che ha aperto a San Sperate, paesino sardo di 8.000 abitanti perché la sua scorza dura da sarda ha dato manforte alla sua testardaggine. E così qualche bambino viaggia per 30 km pur di arrivare a San Sperate e comprare un libro da lei.

Ci vuole coraggio di resistenza. Perché non tutto funziona, non sempre funziona. E allora bisogna guardarsi dentro ad uno specchio molto grande e decidere il da farsi, il dove ho sbagliato, il io vado avanti o anche io rinuncio. Coraggio di aspettare che funzioni, il tempo di avvio lo chiamano, coraggio di crederci anche quando le vendite sono basse e i rientri nulli.

Coraggio verso i clienti. Quelli grandi, che a tratti ti deludono e tu deludi. Non sei stato abbastanza empatico. Lo sei stato troppo. Non ti ricordati il titolo di quel libro a memoria, non sapevi che libro consigliare. Il gioco non va bene, la festa non è bella. E ti dispiaci, e ricominci da capo il giorno dopo. Con un altro sorriso, con la voglia ancora di migliorarti. Perchè i clienti sono la tua storia. Li hai scelti e ti hanno scelto. Con la promessa di imparare sempre di più. Ma i clienti ti deludono anche. Quando non capiscono che sei una persona e non una catena di montaggio. Che puoi sbagliare ma non con volontà. E poi ci sono quelli piccoli. Ma quelli sono davvero un’altra faccenda. Una faccenda che ti porti dentro e che è tua, è una questione privata. Non perchè i bambini siano tutti romanticamente belli, bravi e buoni. Ma perchè i bambini e le storie hanno qualcosa in comune e noi abbiamo un posto di privilegio a stare a contatto con entrambi, nel momento in cui si incontrano. Come risolvere per un momento, un momento solo, il quiz dell’universo.

E poi ci vuole coraggio del silenzio anche verso tutti gli altri, quelli che sanno cosa è e cosa non è una libreria per bambini, quali scelte dobbiamo fare e come dobbiamo vivere, inconsapevoli della fatica fatta per vendere libri belli, disarmanti nella banale disputa di cosa dovremmo essere e come dovremmo definirci.

Ma ci vuole anche paura. La paura di non farcela e di sbagliare tutto. La paura di cadere dopo la prima curva, la paura di esserti esposta non solo economicamente, ma anche di lavoro, di fatica, di desiderio e di fallire miseramente. La paura di amarlo troppo quel sogno. E che si non riesca a vederlo con gli occhi della realtà. La paura di non essere lucidi.

Ma più di tutto, più di ogni cosa ci vuole bellezza, nella convinzione che consegnare un libro ad un angolo della vita di un bambino renda il futuro più roseo per tutti noi. Che ancora non è detta l’ultima parola.

E poi chiaramente ci vuole un buon commercialista. Ma questa davvero è tutta un’ altra storia.

L’immagine è tratta dalla copertina di Sono io il più forte!, di Mario Ramos, Babalibri


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