Cosa (non) hanno in comune Arrigo Cipriani e i copertoni francesi
giu 5 • Quel sentore di pipì • 233 Views • 2 commenti
Arrigo Cipriani non è uno che la manda a dire, ma non l’avevo mai ascoltato davvero. Sabato 1 giugno teneva una lezione aperta alla città e sono andata a sentirlo.
Il gruppo Cipriani è un colosso con 17 ristoranti nel mondo. Solo a venezia ha il celeberrimo Harry’s Bar aperto circa 70 anni fa dal padre di Arrigo in calle Vallaresso, la Locanda Cipriani a Torcello, l’Harry’s dolci della Giudecca, e sempre alla Giudecca, l’ultimo nato (si fa per dire), l’Hotel Cipriani con dentro altri 3 ristoranti. Gli altri 12 sono in giro per il mondo, 2 a New York (uno proprio difronte al palazzo della borsa di Wall Street), uno a Dubai, e così via…
“Gli star chef sono solo bluff, Vissani è solo un bluff. Slow food era partito bene, ma ora se non paghi non sei dentro”.
Ecco, appunto, non è uno che la manda a dire. Però con queste frasi al fiele porta avanti da decenni la sua idea di ristorante che è una specie di sublimazione della trattoria. Un posto dove i piatti sono tondi, le sedie sono comode e le ricette son quelle delle nonne, ma con materie prime super selezionate.
L’altro punto cardine è il servizio: “Quando chiamate all’Harry’s rispondiamo solo “Harry’s bar”, intanto uno sa che ha fatto il numero giusto. Non sopporto quelle formule americane che ti impongono un “Salve sono Arrigo, complimenti per aver contattato l’Harry’s bar, come posso esserle utile?”.
Il nostro Arrigo ha segnato il suo primo punto, direi (e poi su Vissani sono completamente d’accordo).
Poi si arriva alla guida dei copertoni francesi… un po’ di frustrazione monsieur Ciprianì?
Arrigo Cipriani non crede che per essere un bravo chef occorra comparire nella guida dei copertoni francesi (n.d.r. la Michelin). In effetti suddetta guida non lo tratta proprio una meraviglia: l’edizione 2013 gli dà solo 2 forchette su 5 (le forchette sono mere segnalazioni, nulla a che vedere con le stelle con cui sono contraddistinti i ristoranti migliori secondo Michelin). Sempre suddetta edizione chiosa la Locanda Cipriani con: “Suggestivo locale di grande tradizione, con interni e atmosfera da trattoria d’altri tempi e raffinata cucina tradizionale, ameno servizio estivo in giardino. Nuove camere.” A voi fa venir voglia di andarla a provare?
Per non parlare del Gambero Rosso, che non nomina nessun locale del gruppo, nemmeno di sfuggita. Meglio va con l’Espresso che dà un 13 (cucina sufficiente) al Cip’s club e all’Harrys dolci e un 13,5 all’Harry’s bar.
Forse qualche raggiro internazionale non vuole Cipriani nel gotha della gastronomia, ma io penso una cosa: quando spendo più di 100 euro a testa per mangiare al ristorante voglio essere stupita, e voglio qualcosa che non abbia neanche minimamente a che fare con quello che preparo io a casa. Voglio che lo chef che mi chiede tutti quei soldi non curi solo maniacalmente la materia prima, né mi basta che abbia una squadra di chef in cucina, voglio che in cucina abbia apparecchiature da far invidia alla N.a.s.a. Se devo mangiare polenta e seppie, per quanto sian buone, me le faccio da me. Ma questa è solo la mia opinione, ovviamente.
Il lusso e le lenzuola crunchy
Mi è piaciuto invece quello che ha detto del lusso: non una cosa originalissima, ma ha usato una bella metafora. Il lusso non è quello che costa tanto, ma è potersi permettere la cosa migliore, al momento giusto. Te ne accorgi quando arrivi in albergo stanco la sera, ti butti a letto e le lenzuola non sono solo profumate e ben stirate, ma sono anche di lino di ottima qualità, e tanto nuove da essere ancora croccanti.
Nei locali Cipriani il lusso è il fegato alla veneziana più buono che abbiate mai mangiato, seduti sulla sedia disegnata dal papà di Arrigo che prima di mandarla in produzione l’ha fatta testare a 100 clienti, per sapere se era comoda.
Tuttavia l’ho còlto cólto…
All’inizio della lezione si faceva un po’ di confronti tra il mondo del giornalismo e quello della cucina. In redazione si dice “far cucina” su un pezzo per renderlo più appetibile. A me era venuta una similitudine tra mondo della cucina e quello della cultura, tra coltivare l’orto e coltivare se stessi. Cipriani sarà anche un egocentrico, ma è uno a cui è piaciuto imparare, e credo gli piaccia ancora. Ad un certo punto ha detto che il consiglio che darebbe agli aspiranti chef è quello di studiare, perché a uno cólto è più facile insegnare qualsiasi cosa, anche a fare il cuoco.
ciprianiMichelinSlow Food
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