La Banca centrale europea teme ripercussioni negative sull’economia dell’Eurozona, a causa soprattutto dell’incertezza sulle prospettive di crescita dei mercati emergenti. Anche le recenti stime dell’Ocse, che ha tagliato le previsioni di crescita mondiale, sembrano andare in questa direzione. In effetti, dice l’Ocse, il rallentamento delle economie emergenti e i bassi prezzi delle materie prime (trainati dall’andamento del petrolio) – che minano proprio le possibilità dei paesi esportatori – mettono a dura prova l’Eurozona, il cui Pil nel 2016 dovrebbe aumentare dell’1,4% rispetto all’1,8% previsto in un primo momento. Anzi, aggiunge l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, “la lentezza della ripresa dell’Eurozona è un forte freno alla crescita globale”. Il contesto, meno favorevole, preoccupa ora maggiormente la Bce. Verso la fine del 2015 il crollo del prezzo dell’energia ha riportato in negativo l’inflazione, tuttavia veniva osservato un trend al rialzo nell’area dell’euro favorito da fattori interni, in particolare i consumi privati, sostenuti dalla bassa inflazione che ha spinto il potere d’acquisto delle famiglie (in Italia, secondo gli ultimi dati Istat, l’inflazione a gennaio è aumentata dello 0,3% su base annua, ma in termini congiunturali è scesa dello 0,2%). Allo stato attuale, però, il timore è che una fase prolungata di bassa inflazione possa influire negativamente su prezzi e salari, avviando una spirale negativa che riporti l’Eurozona in deflazione. Obiettivo della Bce, al contrario, è mantenere il livello generale dei prezzi su valore prossimo al 2%, che favorisca l’acquisto di beni e servizi. La spinta verso il basso giungerebbe principalmente dall’andamento del petrolio che, secondo la Commissione Europea, ha già provocato un aumento tuttavia debole dell’inflazione nel 2015. Bruxelles, dunque, prevede per l’anno in corso nell’Eurozona un’inflazione allo 0,5%, ben al di sotto dell’1% ipotizzato mesi addietro. Inoltre, a pesare, è anche una lieve crescita dei salari, che dovrebbe però invertire la rotta il prossimo anno. Insomma, un cambiamento è effettivamente atteso, ma per il 2017 grazie al rincaro del greggio, salari più elevati e una domanda interna più forte. Tuttavia l’Ocse stima per l’anno prossimo un incremento del Pil mondiale del 3,3% (3,6% nelle precedenti previsioni). Non molto, se si considera che per il Fondo monetario internazionale una crescita poco inferiore al 3% corrisponde di fatto ad una recessione.
(anche su T-Mag)
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