Cosa si legge a Natale? Rispondono i protagonisti di Cosa si fa con un libro?

Creato il 19 dicembre 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

Cosa si legge a Natale?

Quest’anno lo abbiamo chiesto ai protagonisti di Cosa si fa con un libro?, il ciclo di incontri dedicati al libro organizzato da Via dei Serpenti con la collaborazione di Altrevie.

Protagonista del primo incontro, il 7 novembre, è stato il libraio di Pagina 348  Marco Guerra che consiglia Philipp Meyer, Il figlio, (Einaudi, 2014).

«Il più bel romanzo letto nel 2014 . Le tre storie che si intrecciano  corrispondono a tre generazioni della famiglia McCullough e a tre epoche della storia del Texas. Nella prima, a metà Ottocento, la formazione di Eli, un ragazzino preso prigioniero dai Comanche, cede il passo, una volta tornato tra i bianchi, alla sua ascesa senza scrupoli nel clima della Guerra civile. Raramente ho letto pagine così belle sugli indiani d’America. Nella seconda, a inizio Novecento, Peter, il figlio, assiste alla strage di una potente famiglia messicana prima di rifiutare la moglie bianca trovata per lui e innamorarsi di Maria, l’unica scampata alla strage. La terza è più vicina a noi, a metà del Novecento il Texas è ormai un grande produttore di petrolio e Jeanne, la pronipote, deve gestire la fine dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame a vantaggio dei pozzi, in un clima da fine di un’epoca».

Copertina di Maurizio Ceccato

Il terzo appuntamento, il 15 gennaio 2015, sarà con Maurizio Ceccato di Ifix che consiglia (insieme a Lina Monaco di Scripta Manent) Giovanni Gregoletto. Vite Ambulante. Nuove cattedre di enologia e viticultura. SUV, 2014.
Prefazione di Stefano Salis. 16×23 cm; pagg. 512; euro 28,50; tutto a colori. La copertina è di Maurizio Ceccato.

«Produttore vinicolo e creatore dello Spazio dell’Uva e del Vino, un moderno gabinetto delle meraviglie (Wunderkammer) con sede a Follina (TV), Gregoletto con la sua curioasità contagiosa ci porta per mano attraverso un vortice di aneddoti e ricordi, dalla A di ampelografia (la descrizione sistematica di vini e vitigni) alla Z del poeta solighese Andrea Zanzotto. Dalle vigne e dall’uva lo sguardo si allarga sullo stupore per quanto di concreto c’è nella quotidianità di tutti: il cibo, il lavoro, le amicizie e appunto il vino. Gli stessi temi del racconto di Ottavio Missoni (contenuti nel corposo volume) su una giornata trascorsa in un’osteria di Trieste “Venezia Giulia”. Conosciuto a Venezia dopo essersi fatto passare – al citofono – per il nipote di Zanzotto, Gregoletto confessa un sentimento di positiva invidia che il tempo ha trasformato in amicizia. Il racconto di Missoni, nel quale il vino riunisce attorno a un tavolo le vite e le storie di tanti amici in “dodici boti”! E si prosegue a scoprire come il cannone antigrandine che spazzava via la grandine, oggi ‘spara’ la musica per la vendemmia (realizzato dallo stesso Gregoletto), dai ricordi del genetista Luigi Luca Cavalli Sforza (e del padre Pio Cavalli, autore del primo libro italiano sulla pubblicità) al tappo Corona, per passare poi dallo studio delle nuvole a Carpenè Malvolti, dalla fillossera, pidocchio che estinse la vite europea, all’Oropilla e al Lambrusco, ai racconti di Attilio Scienza e Valentino Zeichen, le Réclame e i film, i pirati e gli anarchici, fino a Marx e alla quantità di vino contenuto nella Bibbia».

Il 6 febbraio 2015 sarà la volta di Davide Orecchio, autore di Città distrutte (Gaffi) e Stati di grazia (Il Saggiatore). Il suo consiglio è J.Rodolfo Wilcock, La Sinagoga degli iconoclasti (Adelphi, 1990).

«Per la sua diversità. La diversità di uno scrittore di lingua spagnola che sceglie di esprimersi in italiano. La diversità di un’opera di altra letteratura dove il patologico e infernale della condizione umana si traduce nel risultato comico inevitabile, definitivo».

A chiudere il ciclo di incontri, il 7 maggio 2015, sarà Paolo Di Paolo che consiglia Zerocalcare, Dimentica il mio nome (Baopublishing, 2014). «Zerocalcare ha superato sé stesso distanziandosi da quanto realizzato fino a oggi. Mi ha piacevolmente sorpreso: si tratta di un libro maturo, con il quale l’autore fa i conti con l’identità e con sé stesso, cosa che nessuno della nostra generazione è iruscito a fare. In questo 2014 ho amato anche Tempo di imparare di Valeria Parrella (Einaudi)».


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