Iniziamo dal risveglio.
Si comincia la giornata con un vezzeggiativo: ultimamente sono stata chiamata Zemanina (in onore dell’attuale allenatore, naturalmente), oppure Osvaldina (nomignolo dovuto all’autore di uno degli ultimi -e c’è da ammetterlo, spettacolari-gol fatti).
Mi è capitato di essere chiamata anche Risetta (da Riise, ex-giocatore che segnò un gol memorabile in Juve-Roma del 2010). Invece non mi è mai capitato di setirmi chiamare Enriquetta, o Ranierina…si vede che quegli allenatori non sono entrati nel cuore del mio Tifoso come l’attuale.
Il risveglio successivo a un match può essere pieno di gioia o amarezza, a seconda che la squadra abbia vinto o perso. In quest’ultimo caso, il Tifoso non tarderà a pronunciare un ritornello familiare che recita pressappoco così: “che tristezza la vita, uno lavora tutta la settimana e poi neanche una piccola soddisfazione”. Una faccia depressa completa il quadro. Le stesse parole vengono pronunciate al termine della partita, la sera prima, in una specie di mantra buddista. Dopo, il Tifoso si chiude in un silenzio denso di mestizia.
Il Tifoso Romanista è sempre convinto che sia in atto un complotto. Dal momento che la AS Roma per definizione non imbroglia mai (questo sempre secondo il Tifoso), è chiaro che, in caso di fallimento, la colpa è sempre da attribuire alla squadra avversaria o all’arbitro. La Roma perde? la reazione sarà “vabbè ma gli altri hanno imbrogliato”.
Il Tifoso Romanista vorrebbe andare a vedere le partite della Roma allo stadio. Si organizza, pianifica, decide, ma poi, all’ultimo momento, si tira indietro, dicendo che vedere la partita di persona porta sfiga. Quindi dichiara che si sacrificherà per il bene della squadra.
Peraltro, il concetto di sacrificio è estremamente ricorrente: qualcunque cosa fatta, che richieda un minimo di sforzo, è fatta pensando alla Roma. Il Tifoso, insomma, dedica la sua sofferenza alla Roma, e la allevia pensando alla Roma. Tutto questo dovrebbe far vincere la squadra, secondo il Tifoso Romanista.
La vita di un Tifoso è caratterizzata da un alternarsi di alti e bassi, una sorta di depressione cronica dalla quale non si può riprendere facilemente, dal momento che anche i risultati della squadra sono notevolmente altalenanti.
Il Tifoso Romanista vorrebbe chiamare sua figlia “Romina”, vorrebbe arredare la casa con i colori della squadra (mattonelle del bagno comprese), e pianifica le proprie vacanze in funzione dei paesi d’origine dei giocatori. Cosa intendo?
- 2010: vacanze in Montenegro per rendere omaggio ai luoghi di Vucinic
- 2011: vacanze in Argentina per omaggiare Lamela
- e così via…
Mi fermo qui. Credo di aver reso l’idea.