Così si crea una certa intimità, di parlare in una lingua che gli altri non possono capire e dire cose anche private senza che gli altri se ne possano rendere conto. Così si crea un certo scudo protettivo linguistico, che protegge i fatti tuoi, appunto, quando racconti qualcosa al collega italiano alla scrivania di fianco, nell'open space. Così capita che il collega prima di andar via l'altro pomeriggio, si avvicini alla tua scrivania e ti racconti di un problema di salute, di una visita dall'urologo e te lo dica in italiano, appunto, che son cose personali eppoi certi dettagli sarebbero anche macchinosi da spiegare in altre lingue, che loro, le altre lingue, si usano per altro, almeno fin tanto che poi non diventino al tua lingua, un giorno chissà. E capita che il collega non lo dica neanche a bassa voce, che tanto gli altri non capiscono, che tanto è abitudine da due anni dire certe cose in italiano, protetti dal super scudo linguistico, nell'intimità d'accenti meridionali. E capita che si inizi a parlare di visite dell'urologo, di esperienze personali, di dita che vanno in certi posti e che non è mai cosa piacevole. Tu per esempio gli racconti di quella volta che l'urologo si mise il guanto di lattice, fatale presagio, e lui, l'urologo, era come il saggio ma non puntava alla luna e tu, paziente turbato, non eri stolto ma continuavi a fissare il dito, pensando a dove sarebbe finito. Così passa una decina di minuti in discorsi d'ampio sfondo scientifico, un po' come il trapana e succhia di Bart ed altri racconti di un certo spessore medico. E capita pure che il collega, sempre prima di andar via, sempre sotto il super scudo, concluda con una battuta, sempre a tema, magari non elegantissima, e poi d'improvviso diventi rosso, rosso che quasi scoppia. Tu non capisci per un attimo, scuoti la testa ma lui niente. Rosso. Poi ti si bloccano gli occhi e vorresti scomparire, puff, di colpo, che proprio a un metro più in là c'è la collega nuova, quella da due giorni in ufficio, quella silenziosa che ancora si deve adattare, quella che quasi ci si dimentica di lei. Quella italiana.
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