I carabinieri della stazione di Cosenza hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre persone, tra cui un minore, resesi responsabili di tentata estorsione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e lesioni personali gravi. Gli arrestati sono Mario Ariello, 45enne, il figlio Pilerio di 23 anni, il figlio minore A.F. I primi due sono stati portati nella casa circondariale di Cosenza, mentre il minorenne è stato portato nel Centro di giustizia minorile di Catanzaro. Inoltre, è stato denunciato in stato di libertà G.C., di 21 anni, con l’accusa di concorso in tentata estorsione, detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio e lesioni personali gravi.
I provvedimenti, sono stati emessi dal gip del tribunale di Cosenza e dal gip del Tribunale per i Minori di Catanzaro a conclusione delle indagini condotte dai carabinieri della stazione di Cosenza. I militari dell’Arma dei Carabinieri della stazione di Cosenza avevano avviato le indagini nel corso del mese di Aprile dopo esser venuti a conoscenza, in forma confidenziale, che un giovane era stato aggredito da alcuni componenti facenti parte dello stesso nucleo familiare: un’aggressione particolarmente violenta che aveva provocato al giovane la frattura del femore. Nonostante l’aggressione subita, il giovane non aveva voluto sporgere denuncia e, giunto presso l’ospedale Civile di Cosenza per il ricovero, aveva riferito ai sanitari di esser caduto accidentalmente provocando, così, la frattura ossea.
La circostanza aveva, però, insospettito gli uomini dell’Arma che hanno deciso di avviare ulteriori indagini. Ciò ha permesso di evidenziare che il giovane era stato, appunto, minacciato e aggredito in più occasioni, al fine di costringerlo a saldare un proprio “debito”, costituito dal ricavato dell’attività di spaccio gestita nel centro storico di Cosenza. Le minacce di morte e le violenze, però, risultavano essere “immotivate” considerando il fatto che il giovane aveva già provveduto a saldare il proprio “debito” ad uno dei componenti della famiglia, il quale, però, aveva incassato l’ingente somma all’insaputa degli altri familiari.
Ad aggravare le circostanze, vi sono state anche azioni intimidatorie e persecutorie nei confronti della madre e del fratello del ragazzo, il quale – per paura di gravi conseguenze – è stato “costretto” a spacciare per tentare di recuperare la somma relativa al “debito” contratto dal fratello che, con l’applicazione di interessi usurai, era divenuta pari a migliaia di euro.