La trama (con parole mie): Eric Packer, multimilionario ventottenne, sale sulla sua limo corazzata e superaccessoriata deciso ad attraversare Manhattan nonostante i ripetuti avvertimenti degli uomini della sicurezza in modo da sistemarsi il taglio in una particolare bottega dalla parte opposta della città.L'Odissea che ne consegue diviene una galleria di incontri per Packer, che approfitta di moglie, amici, nemici, donne, idoli musicali, dipendenti e quant'altro per riflettere sull'economia, il sesso, gli scontri che vedono la gente comune ribellarsi al Potere e sull'idea che, un giorno o l'altro, la moneta di uso corrente possa diventare il ratto.O forse, sul nulla, mostrando dunque il vuoto di una società in decadenza e sull'orlo del baratro.
I cattivi presagi avevano cominciato ad addensarsi come nuvole cariche di tempesta sulla carriera di Cronenberg - uno dei miei favoriti di sempre, autore nel passato recente di Capolavori quali A history of violence e La promessa dell'assassino - con A dangerous method, primo film effettivamente deludente del regista canadese: in quell'occasione, decisi comunque di dare fiducia al geniale David, che negli anni è sempre stato capace di stupirmi, e che già ai tempi veniva annunciato al lavoro su un progetto ambizioso e potenzialmente cultissimo, ispirato ad un romanzo amato praticamente ad ogni latitudine del pianeta, Cosmopolis di DeLillo.Onestamente, non ho ancora letto il libro in questione - e, a questo punto, dubito che lo farò -, ma il fatto che Cronenberg tornasse a cimentarsi con una materia a lui congeniale - una sorta di versione alternativa del prossimo futuro legata al decadimento morale che tanto mi ricordava cose splendide come Videodrome o Crash - riusciva a stuzzicare nel sottoscritto tutte le vibrazioni giuste: peccato, però, che il Cosmopolis cinematografico si sia rivelato come una delle cose che maggiormente riescono ad irritarmi, per quanto riguarda la settima arte.Tradotto in linguaggio pane e salame, quest'ultima fatica del cineasta responsabile di meraviglie come La mosca, Inseparabili, M. Butterfly e chi più ne ha più ne metta è una vera, inesorabile, impressionante merda d'autore.Certo, la regia è pulitissima, il variegato cast funziona - se così si può cercare di credere -, fotografia, montaggio e colonna sonora paiono perfetti come un piatto da ristorante chic, peccato che manchi tutto quello che, di norma, fa la differenza tra un polpettone da pippaioli d'essai ed un vero, succulento, lavoro da amanti del Cinema.Posso capire che l'opera da cui è tratto sia in realtà una sorta di arzigogolato ritratto ispirato dal vuoto della società dei mercati, del capitalismo e di tutti quei precetti che ora finiscono per far funzionare il mondo - che lo si voglia o no -, ma non esiste alcun motivo - proprio alcun cazzo di motivo, David - per sottoporre l'audience a quasi due ore due di martellamento di cosiddetti con dialoghi che paiono sparati a caso in bocca ai protagonisti e che, tendenzialmente, fanno venire una voglia irresistibile di dispensare bottigliate fino a slogarsi l'articolazione della spalla a quello che pare un compiaciuto e davvero irritante ralenti intellettuale.Non fossi stato frenato da un certo rispetto per la settima arte, avrei volentieri premuto il fast forward per andare direttamente dalla prima all'ultima sequenza senza preoccuparmi troppo di ratti, prolungate visite di prostate asimmetriche, agghiaccianti siparietti moglie e marito nonchè amante e marito - pessima la Binoche -, salvando da una montagna di noiosissimo ciarpame soltanto la morte della star musicale e lo scontato eppure interessante confronto con il capo della sicurezza.Quello che mi domando è: cosa diavolo è successo al Cronenberg delle mutazioni fisiche, dell'estremo, dei confini varcati con uno spirito da esploratore della mente - e non solo del corpo - degno d'altri tempi?Il metodo che appariva pericoloso soltanto per la qualità delle sue pellicole applicato ad un vuoto che risulta asfissiante - per noia e nient'altro - è quanto di più lontano possa esistere rispetto all'inquietudine del finale del già citato A history of violence, o delle eleganti beffe di Exsistenz: Cosmopolis è il nulla che tanto si contesta alla nostra generazione e momento storico, un'apparenza che, se non fosse Cronenberg a firmare, starebbero tutti ad etichettare come lo sfogo di qualche bulletto alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa.
Non credevo davvero che mi sarei ritrovato a scrivere un post così furente rispetto a quello che era indiscutibilmente uno dei numeri uno della mia lista - almeno per quanto riguarda il Nord America -, e invece dopo Scorsese e Malick anche il vecchio David pare caduto nella trappola della moda, del cool a tutti i costi e dell'elite intellettuale che più passa il tempo e più mi ritrovo a combattere a bottiglie tratte.
Peccato.
Perchè autori come lui ce ne sono pochi.
Ed il pensiero che possa essere caduto così rovinosamente, fa davvero pensare che forse, per il Cinema, lo stesso vuoto rappresentato da Packer sia decisamente più vicino di quanto non si creda.
Un pò come quelle nuvole minacciose rispetto a Cronenberg pronte a piovere calci rotanti made in Saloon.
MrFord
"Past the stars in fields of ancient void
through the shields of darkness where they find
love upon a land a world unknown
where the sons of freedom make their home
leave the earth to Satan and his slaves
leave them to their future in their grave
make a home where love is there to stay
peace and happiness in everyday."
Black Sabbath - "Into the void" -