Il massimo che si può fare allora è carpire il più possibile afferrando la maggior quantità di elementi che sviscerano istantanei dalle infinite e fitte conversazioni tenute dal personaggio di Robert Pattinson con i passeggeri che “visitano” la sua limousine durante il viaggio verso il barbiere. Già, perché la trama di “Cosmopolis” ruota tutta attorno al viaggio che Eric deve intraprendere per andare ad “aggiustarsi il taglio” dal suo acconciatore di fiducia, e durante questo (lungo) percorso le condizioni intorno al suo territorio cominciano a cambiare e a diventare ostili, mettendo a rischio la sua sicurezza personale.
Dove dubbi proprio non ce ne sono, è riguardo la critica che Cronenberg vuole rivolgere alla nostra società moderna. Il caos che si dipana intorno alla limousine acusticamente isolata del miliardario Eric Packer somiglia molto allo specchio dei tempi che viviamo, e i repentini cambi di motivi che dovrebbero essere lì a giustificarlo sono il segnale di una confusione oramai diffusa a livelli altissimi e incontrollabili.
Ma questo contesto rivoluzionario il nostro protagonista sembra viverlo in maniera perennemente composta e ordinata, consapevole e rassegnato al fatto che gli eventi in corso siano inesorabili. Il lento percorso della limousine cambia allora implicitamente rotta svelando nella sua alterazione il cammino verso l’autodistruzione che Eric ha deciso di sfidare privandosi di qualsiasi protezione ed uscendo all’esterno del proprio abitacolo. La sensazione di libertà scatenata dalla precarietà della sua vita stessa spinge Eric fino alla scadente dimora abitata da un grandissimo Paul Giamatti in misera veste e intenzionato ad ucciderlo, non prima però che tra i due abbia origine un botta e risposta denso e tesissimo, impeccabile a chiudere una pellicola indefinita e indefinibile.
E se Robert Pattinson (nonostante la scarsa vena recitativa) cercava in Cronenberg e nella trasposizione cinematografica del romanzo di Don DeLillo la chiave adatta per svestire i panni del vampiro Edward di “Twilight” possiamo dare per certo che non sarà così. Questo è un lavoro distante anni luce dai gusti del pubblico feticista e appassionato della saga di Stephenie Meyer, poco commercializzabile persino per chi con quella saga non ha nulla a che spartire.
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