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Costantino e l’Editto di Milano: l’inizio della libertà religiosa

Creato il 23 settembre 2012 da Uccronline

Costantino e l’Editto di Milano: l’inizio della libertà religiosa

di Marco Fasol*
*professore di storia e filosofia

Ci stiamo avvicinando all’anniversario dell’Editto di Milano, promulgato dall’Imperatore Costantino nel 313 d. C. , e la stampa nazionale inizia ad occuparsi di questo evento veramente decisivo per la storia occidentale. Ho letto con interesse, al riguardo, l’articolo Perché Costantino scelse il dio dei cristiani?  Pubblicato su Il sussidiario net  del 26 agosto, a firma di Alfredo Valvo. Ricordo i contenuti assai diversi di tanta stampa laicista e di romanzi fuorvianti come il Codice da Vinci di Dan Brown. In quest’ultimo thriller, di successo mondiale, Costantino era presentato addirittura come il “responsabile” della divinizzazione di Gesù Cristo! Un’evidente deformazione ideologica che ci lascia intuire di quanta scarsa simpatia goda l’Imperatore Costantino agli occhi della cultura laicista. Cerchiamo invece di esporre con uno sguardo più oggettivo il grande contributo dell’Editto costantiniano, una vera pietra miliare per l’Occidente.

Semplifico la questione per rendere in modo più efficace la novità dell’Editto. Qual era il rapporto tra religione e politica nell’epoca precedente? Si può dire che in tutte le civiltà antiche vi era un legame molto stretto tra questi due ambiti della vita umana. Nell’antica Roma l’Imperatore era Pontifex Maximus e rappresentava dunque la massima autorità religiosa, oltre che ovviamente la massima autorità politica. Se noi guardiamo retrospettivamente la storia romana ritroviamo lo stesso schema. E’ impensabile nella civiltà romana una religione autonoma e indipendente dall’autorità politica. Lo storico Tito Livio ha fotografato bene la strutturale dipendenza della religione dal potere politico, definendola instrumentum regni. In altre parole l’Imperatore promuoveva ovunque il culto della sua persona nella consapevolezza che la sua divinizzazione costituiva un supporto importantissimo per imporre l’obbedienza ai suoi sudditi. Caio Giulio Cesare è stato il primo imperatore ad essere proclamato divino, dopo la morte. Poi, a partire da Ottaviano Augusto è diventato un titolo immancabile la divinità imperiale. Il divus Augustus, il divino Augusto era il titolo ricorrente in tutte le festività, in tutte le celebrazioni dei giochi imperiali, in tutte le città dell’Impero.

Il mito fondante la civiltà romana, da Augusto in poi, era quello della coppia divina di Marte – Venere, le cui statue venivano esibite in continuazione in tutte le occasioni di festività. E’ interessante notare, da un punto di vista storico, come tutte le grandi città d’Europa, del nord Africa e dell’Asia Minore avessero grandiosi anfiteatri che celebravano questo culto dell’Imperatore con grandiosi e terribili spettacoli gladiatori. Il Colosseo conteneva cinquantamila spettatori, l’Arena di Verona più di ventimila, così l’Arena di Arles e via via in tutto l’Impero. Lo spettacolo per eccellenza in tutti questi anfiteatri era quello che celebrava la divinizzazione dell’imperatore.  La coppia divina era sempre esibita accanto alla statua dell’Imperatore. E perché i cittadini dell’impero non si dimenticassero facilmente di questa fusione tra religione e politica, persino nelle monete era incisa l’immagine dell’imperatore con il titolo divino: Divus Augustus. Era questa l’iscrizione che è stata mostrata a Cristo nella celebre scena del tributo. Così, ogni volta in cui un cittadino dell’impero maneggiava una moneta, si ricordava del suo divino Augusto.

Se questa era la situazione, è facile immaginare anche il motivo forse principale delle persecuzioni ai cristiani. Naturalmente non pretendo di fare un’analisi storica puntuale e dettagliata, che del resto è stata fatta da eminenti storici; quello che mi interessa sottolineare è l’evidente incompatibilità tra il culto dell’Imperatore e il culto del Signore Risorto. Ovviamente la nuova religione non poteva accettare la sudditanza alla politica romana che era diventata una religione. E la politica romana non poteva accettare come religio licita una fede che rifiutava la divinità del capo politico.

Dopo quasi tre secoli di persecuzioni, finalmente con l’Editto di Milano, è cambiata per sempre la storia e la civiltà occidentale. La politica ha rinunciato ad essere pervasiva e totalizzante come lo era sempre stata, non solo nella civiltà romana, ma anche in quasi tutte le civiltà antiche, soprattutto in quelle orientali.  Riconoscendo la libertà di culto per i cristiani, l’Imperatore Costantino rinunciava alla pretesa di essere Pontifex Maximus, rinunciava al monopolio della religione, oltre che della politica.  E’ a partire da questa data che possiamo far iniziare dunque il diritto umano della libertà religiosa, riconosciuto solennemente nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (1948) ed ancor più solennemente affermato nella Dichiarazione Dignitatis humanae (1965) del Concilio Vaticano II.

Come si vede siamo tutti debitori di questo importante Editto di Milano che ha liberato la storia occidentale dalla soffocante tirannia della politica ideologica che presumeva di occupare tutti gli spazi della vita umana.  Tutte le volte in cui il significato etico e religioso di questo Editto è stato disatteso, abbiamo visto ripiombare la storia nelle tragedie dei totalitarismi, vere religioni della politica. Tutte le volte in cui è risuonata la voce della libertà religiosa si è rinnovata l’attualità di un Editto che ha cambiato la nostra storia. E’ interessante ricordare che questa svolta ha avuto come protagonista un Imperatore che ha concluso la sua esistenza facendosi battezzare. E’ forse per questo che Costantino non gode di grande simpatia da parte laicista? Forse c’è anche un altro motivo di questa scarsa simpatia: Costantino ha introdotto per primo l’obbligo della celebrazione pubblica della domenica. Così è entrata nell’Impero e si è diffusa in tutto il mondo, la scansione dei sette giorni settimanali e la celebrazione pubblica della dies dominica, in ricordo della prima domenica della storia: la Pasqua di risurrezione.


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