Artemio: “Mamma, è una brava ragazza, è diplomata!”Madre di Artemio: “Allora l'è un putanun!”
Il ragazzo di campagna è una commedia all’italiana riuscita non solo perché riesce nell’intento di far ridere, a tratti parecchio, ma anche perché riesce a scherzare su tic e manie dell’Italia dell’epoca, così come faceva Fantozzi o come oggi riescono a fare I soliti idioti e, sebbene solo in piccola parte, film come Benvenuti al Sud o Che bella giornata, mentre non riesce assolutamente ai troppo stereotipati cinepanettoni, incapaci di dare una fotografia reale del paese.Che poi l’Italia anni Ottanta della Milano dei nuovi yuppie non è poi così lontana da quella attuale. Merito del film che era avanti per l’epoca? Questo no, è solo che l’Italia è una nazione basata sull’immobilismo e da 30 anni a questa parte non è cambiata molto.
Nello stato di grazia (o quasi) in cui veleggia la pellicola, persino Massimo Boldi ci fa una bella figura, ritagliandosi lo spassoso ruolo di Severino Cicerchia detto lo scoreggione, il cugggino di città di Artemio che lo aiuta a sistemarsi e gli dà il primo lavoro: rubare le borsette in motorino, un’attività criminale troooooooooppo anni ottanta!In questa particolare circostanza, Artemio comunque fa la conoscenza della donna dei suoi sogni, o almeno così sembra. La tipa si rivelerà essere la tipica donna in carriera anni ’80, con un fisico alla Kelly LeBrock e ambizioni alla Melanie Griffith in Una donna in carriera, una maniaca del lavoro che si concede un’unica pausa la domenica per seguire la sua squadra del cuore: la Juve di Platini, naturalmente! E quella sì che era una Juve per cui valeva ancora la pena fare il tifo, taaac!
All’inizio Artemio (un perfetto imbambolato Renato Pozzetto) ci viene presentato come una sorta di bamboccione ante litteram: a 40 anni vive ancora con la madre e svolge un’attività in famiglia. E così decide di fare il grande salto nella grande città, dove però si troverà a dover fare i conti con la difficoltà di trovare un lavoro e pagare un affitto che a Milano, ieri come oggi, è qualcosa di allucinante. Anche se siamo nell’economia in espansione degli esplosivi 80s, Artemio si trova così a dover fare i conti con le difficoltà dei ggiovani d’oggi, affrontando la tematica lavorativa in maniera sì comica, ma comunque più efficace di molte pellicole italiane nell’oggi di un un periodo di crisi economica.Capolavoro non riconosciuto del Cinema Italiano, or dunque? No, direi proprio di no, anche perché la regia firmata da Castellano & Pipolo è davvero poca cosa. D’altra parte Pipolo era pur sempre il padre di un certo Federico Moccia… E non potete nemmeno maledirlo per questo, visto che è venuto a mancare nel 2006.Nonostante i suoi limiti, rimane una visione da cui avrebbero alcune cosette da imparare gli sceneggiatoroni delle poco divertenti commedie nostrane.E adesso tutti a pranzo…
Artemio: “Ma è possibile che tutte le volte che muore un gatto tu mi cucini il coniglio?!?”(voto 7/10)