Shinichirō Watanabe
1998
In un futuro non troppo lontano la Terra è quasi inabitabile in seguito alla frequente caduta di meteoriti e asteroidi e gli esseri umani hanno colonizzato altri pianeti del sistema solare. A bordo dell'astronave Bebop viaggiano Spike Spiegel e Jet Black, cacciatori di taglie perennemente squattrinati. A loro si uniscono la prosperosa e opportunista Faye Valentine, l'eccentrica baby-hacker Ed e il cane Ein, andando a formare un equipaggio sgangerato e improbabile.
Di Cowboy Bebop, così di primo acchito, direi che è uno degli anime più cinematografici che abbia mai visto, in molti sensi. In primo luogo per la regia abile e versatile di Watanabe, in grado di passare con apparente facilità da flashback drammatici a inseguimenti mozzafiato tra velivoli futuristici, inserendo al momento giusto battute di pungente ironia che spiazzano e allentano la tensione.
In secondo luogo, gioca con i generi mescolando western, pulp, hard-boiled, noir e molto altro in maniera coerente, senza risultare mai forzato grazie all'astuto espediente di ambientare la serie nel futuro: con gran parte del sistema solare a disposizione, il regista si è potuto sbizzarrire nella creazione di città ipertecnologiche o baracche nel deserto, restando sempre credibile.
La grande varietà delle ambientazioni non avrebbe senso, però, senza un livello tecnico più che buono. Anche da questo punto di vista Cowboy Bebop è promosso a pieni voti, presentando animazioni ottime, fondali curati e realistici, un uso abbondante ma sensato di CG e un character design riconoscibile, che permette di inquadrare i personaggi al primo sguardo.
Per quanto riguarda la caratterizzazione psicologica, ognuno incarna un ruolo prestabilito all'interno della storia, ma non per questo mancano sfaccettature e risvolti inaspettati, che spesso emergono insieme ai ricordi del passato.
Nonostante molti degli episodi siano autoconclusivi, la serie coinvolge mettendo insieme scene d'azione e situazioni toccanti, siparietti comici, suspense e un tocco di romanticismo, senza strafare in nessuna direzione. Inoltre, mostrando di tanto in tanto qualche frammento del vissuto dei protagonisti, Watanabe ne ricostruisce le storie personali un pezzetto per volta, li rende più umani e aiuta a comprendere il perché delle loro azioni.
Ciliegina su una torta già ghiottissima, la colonna sonora realizzata interamente da Yōko Kanno affonda le radici nel jazz, ma spazia poi in un'infinità di altri generi musicali, diventando un elemento portante della serie e dando un enorme contributo alla creazione dell'atmosfera della singola puntata, così come dell'opera nella sua interezza.
Non è un caso se Cowboy Bebop è considerata una delle serie anime più importanti degli anni '90, forse addirittura una delle più belle di sempre: la mole di lavoro dei realizzatori è evidente e il risultato è puro esplosivo. Chi, come me, se la fosse persa fino a oggi, farebbe meglio a correre a recuperarla.