Fin qui l’entusiasmo e la contentezza per la scelta di Jonathan Lethem, ma personalmente mi chiedo e sempre me lo sono chiesto serve veramente un corso di scrittura creativa per diventare non dico grandi scrittori, ma almeno qualcuno che sappia formulare una frase che possa dar avvio a un racconto? Le mie critiche e le invettive riguardo ciò sono sparse qua e la nel blog e alcune volte hanno suscitato anche commenti contrastanti; personalmente penso che le scuole di scrittura creativa sono solo un affare per chi le gestisce facendo soldi alle spalle di sprovveduti sognatori. In Italia poi alimentano le finanze di scarsi scrivani che altrimenti non saprebbero come sbarcare il lunario.
Ritengo che le scuole di scrittura creativa con i loro corsi non servono assolutamente a niente se non ad insegnare una certa tecnica quando va bene e quando i docenti sono persone di assoluto livello letterario, oltre però non si va e onestamente credo che anche chi frequenta questi corsi in cuor proprio sa che l’arte non può essere insegnata e quella della scrittura a maggior ragione. Kay Boyle uno dei massimi docenti di scrittura creativa per sedici anni alla San Francisco State University ha scritto che “tutti i programmi di scrittura creativa dovrebbero essere aboliti per legge” per la loro vacuità di formazione e un altro grande accademico insegnante tra gli altri di Ian McEwan nonché scrittore di chiara fama come Malcom Bradbury (scomparso nel 2000) paragonò i corsi di scrittura creativa all’hamburger “un ibrido volgare che nessuna persona sensata si sognerebbe mai di mangiare”. Intendiamoci ci sono corsi di Creative Writing che sono utili nella misura in cui insegnano a maneggiare le parole ma questi corsi servono e sono utili a chi già di suo ha un spiccato senso alla scrittura; difatti molti scrittori americani dell’ultima generazione si sono affinati durante questi corsi. Quello che non si riesce a sopportare è come tutto ciò sia diventato moda e business, in America i master di scrittura creativa quest’anno sono 153 rispetto ai 15 di trent’anni fa, il che dà ragione ad Allen Tate, poeta e romanziere che ha fondato il programma di Scrittura Creativa di Princeton, quando con una certa autoironia e pessimismo sostiene che “lo Scrittore Creativo Laureato si mette a insegnare Scrittura Creativa, e produce altri Scrittori Creativi che non sono scrittori, ma che producono altri Scrittori Creativi che non sono scrittori”. In definitiva per dirla con un altro grande della letteratura americana Jay McInerney “il maggior rischio dei programmi di scrittura creativa è quello di restarne prigionieri, perdendo i contatti con il mondo esterno e finendo per non aver nulla di interessante da dire”.
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