Primo fra tutti, l'ignoranza dei clienti italiani per ciò che riguarda il design, la creatività, il nostro mestiere. Proprio l'Italia, che ha dato i natali a straordinari designer del passato e del presente, che ha fatto del design "Made in Italy" una marca apprezzata e amata all'estero, è in realtà vittima di un sostanziale paradosso.
Da una parte, l'Italia è nota per il gusto estetico e l'amore per il bello (l'arte, la moda). Dall'altra, sono pochissimi i clienti italiani pronti ad investire in qualità, innovazione e risultati in termini di design.
Combattiamo una guerra tra poveri, dove l'ignoranza di tutti gli aspetti tecnici e concettuali propri del designer genera una naturale diffidenza nei nostri confronti: se non siamo famosi, allora vendiamo aria fritta. Dove il designer, che costruisce identità, brand vision, linee guida per la marca, è visto più come uno "che fa i siti", o che al massimo "fa la pubblicità". C'è confusione: chi fa cosa? E cosa è importante per la mia azienda?
Manca una leadership – culturale e professionale – che guidi il Paese verso un design intelligente, strutturato, importante e riconosciuto. Mancano i clienti coraggiosi e consapevoli, pronti ad investire davvero. Il risultato è che spesso gli stessi designer si adeguano alle prospettive al ribasso, banalizzando la propria offerta sia in termini economici che, soprattutto, di qualità: in un circolo vizioso che è destinato, purtroppo, solo a peggiorare.
(Grazie Chiari!)