Con oggi editoriaraba inaugura una rubrica settimanale dedicata al Marocco, paese che questa estate mi ha ospitata (e sopportata) per due mesi. Recensioni, analisi, anteprime, scrittori, libri e librerie ci accompagneranno in questo breve, parziale (per forza di cose), ma spero interessante, viaggio nel mondo letterario e culturale del Marocco.
Assilah, meravigliosa cittadina affacciata sul mare
Si comincia con una bella recensione di “Creatura di sabbia” di Tahar Ben Jelloun a firma di Lucilla Parisi. Questo intenso romanzo è stato il primo che ho letto dell’autore marocchino e forse l’unico che mi abbia davvero colpita. È stato l’utilizzo della forza della parola da parte dell’autore che mi ha avvinta. La storia narrata non ha davvero fine perchè è una storia circolare e perchè la parola avvolge il lettore nelle sue spire fin dall’inizio, finchè questi si ritrova spaesato e confuso dalle mille versioni narrate. È un libro che richiede molta attenzione da parte del lettore e che forse, in alcuni punti, può infastidire. Ma la lettura, credo, vale assolutamente lo sforzo.
“Ho un corpo di donna; vale a dire che ho un sesso femminile, anche se non è mai stato usato. Sono una zitella che non ha neppure il diritto di avere le angosce di una zitella. Ho un comportamento da uomo, o più precisamente, mi è stato insegnato a comportarmi e a pensare come un essere naturalmente superiore alla donna. Tutto me lo permetteva: la religione, il testo coranico, la società, la tradizione, la famiglia, il paese…e io stesso”.
Tutto ciò che le accade, nel libro viene raccontato da varie voci come una favola orientale, ma il solo a conoscere la verità sulla sua atroce esistenza è lo stesso Ahmed anziano e a documentarlo è un diario su cui lei stessa aveva riversato le proprie allucinate confessioni, maturate in un clima di solitudine profonda.
L’intreccio del romanzo risulta quindi complesso: la voce dell’io narrante si intreccia con quella del cantastorie che ammalia la piazza di astanti riunitisi ad ascoltarlo, e che coinvolge nella narrazione, in un gioco di complicità e partecipazione, diversi altri aspiranti narratori che, con la loro personale visione, condurranno la storia alla sua conclusione. A chiuderla sarà il primo narratore, il quale non potrà che prendere atto della scomparsa delle parole dal libro di Ahmed:
“Il libro è vuoto. E’ stato devastato. Ho commesso l’imprudenza di sfogliarlo in una notte di luna piena. Illuminandolo, quella luce ha cancellato le parole una dopo l’altra…La maledizione era stata gettata su di me. Né voi né io sapremo la fine della storia”.
La pluralità di narratori finisce con lo spostare l’attenzione dall’oggetto narrato al soggetto narrante: un espediente narrativo che contribuisce a donare all’intero romanzo un’atmosfera da fiaba degna de Le Mille e una notte. Oltre al recupero della tradizione orale, gli accorgimenti utilizzati dallo scrittore marocchino sono molteplici, come lo sviluppo del racconto in sette sedute vespertine, in corrispondenza di ognuna delle sette porte della città.
Come spiega il curatore del testo Egi Volterrani: “questo schema proposto è via via stravolto sempre di più. Sopraffatto dal racconto diretto delle ossessioni sessuali che turbano profondamente il protagonista e della sua dolorosa, segreta, consapevole trasformazione in donna”.
Le angosce di Ahmed nascono proprio dal fittizio ruolo sociale e familiare a cui è stato destinato all’interno di una società che il protagonista critica duramente e per il quale prova una totale repulsione.La società in cui:
“Essere donna è una menomazione naturale della quale tutti si fanno una ragione. Essere uomo è un’illusione e una violenza che giustificano e privilegiano qualsiasi cosa”.
Con Creatura di sabbia, Tahar Ben Jelloun tesse una storia di innegabile ferocia in cui il mondo interiore, tutto femminile, di Ahmed è destinato a consumarsi e a morire nell’indifferenza e nella solitudine.
Il lettore non potrà fare altro che abitare quella solitudine alla ricerca delle parole che spieghino il dualismo e le contraddizioni di un corpo che vive come un uomo, ma che anela alla liberazione di sé.
“Negli ultimi tempi il mio corpo prova desideri sempre più precisi, e non so proprio come arrangiarmi per soddisfarli. […] Ho scelto l’ombra e l’invisibile. Ecco che il dubbio comincia a farsi strada come una luce cruda, viva, insopportabile. Tollererei l’ambiguità fino in fondo, ma non potrei mai esporre il viso nella sua nudità alla luce che si avvicina”.
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Creatura di sabbia, di Tahar Ben Jelloun; Einaudi 1987, 1992
A cura di Egi Volterrani. Titolo originale L’enfant de sable