A guidare la classifica dei nove paesi presi in considerazione dallo studio, troviamo il Regno Unito (46,1% di famiglie che ricorrono al credito al consumo), seguito da Finlandia (45,9%), Irlanda (44,4%), Francia (35,3%), Spagna (26,7%), Germania (22,2%), Portogallo (20,6%), Italia (14,8%) e Olanda (14,5%). Come è possibile notare, il ricorso a finanziamenti e mutui varia molto in tutta l’Unione Europea, mentre la percentuale di famiglie in ritardo con i pagamenti, sempre relativa al 2008, è più alta per l’Italia (10,5%) e al minimo per il Regno Unito (2,3%).
Se analizziamo gli aspetti legislativi, invece, possiamo notare come il percorso di armonizzazione normativa proceda anche in questo campo: la direttiva europea 2008/48/Ce in materia di credito al consumo è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 141/2010, entrato in vigore il 1° giugno 2011.
La nuova normativa stabilisce che il T.a.e.g. (Tasso annuo effettivo globale) sia “all inclusive” e cioè comprenda tutte le spese che chi richiede un prestito dovrà sostenere (assicurazione obbligatoria, costi del conto corrente, imposta di bollo, spese di incasso della rata). Chi richiede un prestito ha tempo quattordici giorni dalla stipula del contratto per esercitare il diritto di recesso: in questo caso dovrà restituire solo interessi e capitale, senza alcuna spesa aggiuntiva.
Se il cliente decide di estinguere in anticipo il prestito, invece, non sarà più prevista la commissione per i prestiti a tasso variabile e per quelli con capitale residuo pari o inferiore a 10.000 euro. Negli altri casi, la commissione massima sarà pari all’1% del capitale e, nell’ultimo anno di prestito, allo 0,5%. In caso di mancata o inesatta fornitura del bene acquistato tramite il finanziamento, chi ha richiesto il prestito ha diritto alla risoluzione e alla restituzione di quanto già pagato. Sarà poi l’istituto di credito a rivalersi direttamente sul fornitore del bene.
Attenzione anche alla pubblicità: T.a.e.g., durata, importi e rate devono essere evidenziate e non più nascoste in caratteri minuscoli e in posizione marginale nell’annuncio, per una maggiore trasparenza nella comunicazione con i consumatori.
Sempre per rimanere in ambito europeo, la Commissione ha realizzato un’indagine sui siti web che propongono offerte di credito al consumo. Il risultato? Nel 70% dei casi i siti analizzati non rispettano la normativa comunitaria. L’indagine, che aveva lo scopo di valutare se i cittadini europei ricevessero un’informazione chiara e trasparente, ha censito 562 siti effettivamente attivi, distribuiti su 27 stati membri. Le infrazioni più diffuse sono l’assenza delle informazioni obbligatorie previste dall’Unione Europea (tra cui il T.a.e.g.) e l’omissione dei dati sui costi complessivi dei tassi.