Patrem omnipotentem,
factorem cæli et terræ,
visibilium omnium et invisibilium.
Et in unum Dominum Iesum Christum,
Filium Dei Unigenitum,
et ex Patre natum ante omnia sǽcula.
Tutti conosciamo questa preghiera: nota comunemente come “Credo” o “professione di fede”, propriamente simbolo (o credo) niceno-costantinopolitano. Ne parlavamo ieri, tra una messa delle Palme e un’altra, con una collega musulmana: quanti italiani sanno che è stato scritto nel IV secolo a Nicea e Costantinopoli? E quanti italiani sanno che Nicea – l’attuale Izmit – è in Turchia? Quanti italiani sanno che – nei fatti e al di là della demagogia spinta sulle “radici cristiane” (o peggio ancora “giudaico-cristiane”) dell’Europa – la religione cristiana è nata proprio in Anatolia e che in Anatolia ha lasciato tracce indelebili? Perché questa sconcertante dissociazione tra realtà e percezione? Perché l’orientalismo spinto al posto della comprensione?